Anche la stampa nazionale si rende conto dei motivi
sottesi alla sparizione degli aumenti stipendiali automatici, che nel progetto
del Governo dovrebbero essere sostituiti da quelli legati al merito: con la
riforma non ci saranno scatti fino a fine 2018 e questo permetterà allo Stato
di risparmiare subito decine di milioni di euro.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): invece di valorizzare
il personale si inventano meccanismi che sgonfieranno ancora di più gli
stipendi dei lavoratori della scuola, già sottoposti alla sottrazione
illegittima dell’indennità di vacanza contrattuale che fino al 2018 avrà
portato via ad ognuno altri 10mila euro. È ora di voltare pagina, l’occasione
giusta è il rinnovo delle Rsu di inizio marzo.
Altro che
meritocrazia, la riforma della scuola servirà allo Stato solo per risparmiare
soldi: per fare spazio agli incrementi stipendiali legati ai risultati, il
personale si appresta a dire addio agli scatti di anzianità. Ma con il
risultato, riporta oggi la
stampa nazionale, di perdere mediamente a fine carriera oltre 12mila euro
rispetto al modello attuale legato alla carriera automatica. Ma non solo: “con
la riforma non ci saranno scatti fino a fine 2018, e questo permetterà allo
Stato di risparmiare subito decine di milioni di euro (risorse che il Miur
conta di utilizzare per rifinanziare il Fondo per l’offerta formativa)”, scrive
‘Il Fatto Quotidiano’.
È ormai sempre
più chiaro che dopo un’iniziale interesse per la novità governativa, anche i
docenti si sono resi conto del bluff, bocciando
sonoramente il progetto ministeriale di far accedere agli aumenti di 60 euro al mese solo il 66% del
personale in organico in ogni scuola “che avrà maturato più crediti didattici, formativi e professionali”.
“Lo studio, pubblicato oggi, sulla convenienza del Governo nell’applicare
gli scatti di merito in luogo di quelli di anzianità non fa altro che dare
forza a quanto espresso dal nostro sindacato da mesi: prima di parlare di
qualsiasi mutamento di modello contrattuale, occorre ridare agli insegnanti e
ai lavoratori della scuola quanto tolto a partire dal 2009”, spiega Marcello
Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir.
“Negli ultimi
cinque anni – continua il sindacalista – sono stati sottratti una media di 60
euro al mese dalla busta paga dei dipendenti scolastici: quelli che
corrispondono alla sparizione dell’indennità di vacanza contrattuale. Tanto che
il costo dell’inflazione certificata che negli ultimi sei anni è stata di 4
punti superiore agli aumenti di stipendio previsti dal CCNL 2006-2009. Lo
stipendio di chi opera nella scuola ha perso sempre più terreno, tanto che lo
scorso anno i docenti e il personale Ata della hanno percepito ancora meno del
precedente: nel 2012 la media si è attestava a 29.548 euro annui, quindi 80
euro più. Il danno è stato ora prolungato fino al 2018, attraverso il comma
255 della Legge 190/2014, entrata in vigore dal
1° gennaio 2015. Ed è diventato tale per essere
annullato lo Stato dovrà restituire ad ogni lavoratore non meno di 10mila
euro”.
“Ma anziché
valorizzare veramente il proprio personale – prosegue Pacifico – il Governo
pensa bene di far sparire pure gli scatti di anzianità. Sottraendo, sul lungo
periodo, altri 12mila euro a docente e unità di personale Ata. Il gioco al
risparmio, però, è ormai svelato: nel corso dei tanti seminari formativi
organizzati nelle ultime settimane dal nostro sindacato, la gran parte del
personale che ha partecipato si è detta cosciente di tutto questo. Come
sindacato, ci impegniamo sin d’ora, qualora l’Anief diventerà rappresentativo a
seguito delle prossime elezioni Rsu di marzo a ribaltare questo stato di cose:
i lavoratori hanno diritto ad uno stipendio dignitoso, che regga almeno –
conclude il sindacalista Anief-Confedir – il costo della vita”.
Vale la pena ricordare che la retribuzione dei docenti italiani risulta
molto al di sotto della media UE, già oggi con gli scatti stipendiali garantiti
(seppure negli ultimi anni recuperati dal Mof): figuriamoci cosa accadrebbe in
assenza di aumenti automatici legati all’anzianità di servizio. Oggi, se ad
inizio carriera la retribuzione lorda di un insegnante della scuola secondaria
di primo grado è di 24.141 euro (circa 1.300 euro netti al mese). La media
europea è di 26.852. Il divario cresce a fine carriera: 45.280 euro nella media
dell'Unione europea contro 36.157 in Italia, il 25 per cento in meno che arriva
al 30 per cento nella secondaria di secondo grado, pari a quasi 9mila euro in
meno.
Per approfondimenti:
Riforma
della scuola, con meritocrazia insegnanti guadagneranno di meno (Il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2015)
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