Firenze, 24 marzo 2015. Il vecchio e' il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che probabilmente non e' mai stato bambino e, nel suo essere "grande", si e' formato alla scuola del bambino perfetto, quello che in Italia e' noto come "libro e moschetto" (anche se per Poletti il moschetto sarebbe il lavoro) e che universalmente lo si vede nei bimbi che portano mattoni e acqua per le costruzioni delle case o nei bimbi che imbracciano un mitra e, col babbo (mai la mamma...) che li guarda intensamente, e davanti ad una telecamera ripetono a menadito, senza capirne il significato, slogan dei grandi per la cacciata dei cattivi e il loro contributo per l'arrivo del bene, foss'anche dovessero usare quel mitragliatore (1).
Estremizziamo? Non piu' di tanto: ad ognuno i propri bambini, trattati dai soliti vecchi per i loro soliti scopi, spacciati ovviamente per il bene dei piccoli e della societa' tutta. Ma qualcuno ha chiesto ai bambini cosa vogliono? Ovviamente no, perche' sono minorenni e non contano un cazzo, l'importante e' che contribuiscano al Pil coi loro consumi, sempre sulle vette tra i prodotti piu' lucrosi e -spesso- piu' inutili (2).
Tutto torna. Se il babbo (ripeto: mai la mamma...) fa il guerriero da qualche parte, il figlio viene istruito con le armi anche quando non studia (ammesso che studi); se fa il ministro del Lavoro (e quindi, forse Poletti si considera il babbo di tutti i bambini d'Italia), il figlio, quando non studia, deve fare lo stage sul lavoro. Tutto torna.
Che mondo grigio. Abbasso i vecchi e viva i bambini e i giovani. Invece di impegnarsi per un futuro meno dannoso rispetto ai disastri delle nostre generazioni e di quelle precedenti, il nostro neo "ministro della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia", emula le sue nostalgie per i balilla, avanguardisti e giovani fascisti (3).
Certo, il nostro ministro spera, con la segregazione dei bambini, di avere piu' posti di lavoro per i loro educatori (pagati come?), ma e' il tempo di un paio di stagioni, perche' domani questi bambini torturati saranno grandi e anche elettori, e si ricorderanno bene di questi campi di lavoro. E punto e a capo. Come spesso accade, le riforme hanno il fiato corto, durano meno di una generazione, giustificano e glorificano il suo proponente e gli stupidi che fanno finta di non capire e si adeguano.
Caro ministro, la invito a venire a giocare coi nostri bambini. Non so se lei e' padre e/o nonno, ma proprio non vorrei essere suo figlio o suo nipote. Caro ministro, i vecchi non hanno futuro.
(1) visto l'altro giorno in tv in un reportage di Sky-tg dall'interno del califfato dell'Isis in Medio Oriente (reportage, ovviamente autorizzato dalle autorita' del califfato).
(2) Non dimentichero' mai quel trenino costruito da mia figlia alcuni fa (oggi ne ha nove), con pezzi di legno, chiodi e sangue del mio dito pestato per darle una mano: vagonate di Barbie, case di Malibu, monopoli col bancomat, consolle della Wii... tutte sempre in secondo piano, dietro il trenino di legno e chiodi e vinavil costruito coi legnetti messi a disposizione durante una kermesse della scuola steineriana per l'arrivo della primavera.
(3) Non si offenda, signor ministro, non le sto dando di fascista, non se lo merita. Sta di fatto che la storia italiana e' questa, e quindi il riferimento non puo' essere ai pionieri sovietici o ai giovani della lega comunista cinese o ai figli dei miliziani dell'Isis, ma ai nostrani bimbi coi pantaloni alla zuava: e' piu' facile capire, per tutti.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
Tutto torna. Se il babbo (ripeto: mai la mamma...) fa il guerriero da qualche parte, il figlio viene istruito con le armi anche quando non studia (ammesso che studi); se fa il ministro del Lavoro (e quindi, forse Poletti si considera il babbo di tutti i bambini d'Italia), il figlio, quando non studia, deve fare lo stage sul lavoro. Tutto torna.
Che mondo grigio. Abbasso i vecchi e viva i bambini e i giovani. Invece di impegnarsi per un futuro meno dannoso rispetto ai disastri delle nostre generazioni e di quelle precedenti, il nostro neo "ministro della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia", emula le sue nostalgie per i balilla, avanguardisti e giovani fascisti (3).
Certo, il nostro ministro spera, con la segregazione dei bambini, di avere piu' posti di lavoro per i loro educatori (pagati come?), ma e' il tempo di un paio di stagioni, perche' domani questi bambini torturati saranno grandi e anche elettori, e si ricorderanno bene di questi campi di lavoro. E punto e a capo. Come spesso accade, le riforme hanno il fiato corto, durano meno di una generazione, giustificano e glorificano il suo proponente e gli stupidi che fanno finta di non capire e si adeguano.
Caro ministro, la invito a venire a giocare coi nostri bambini. Non so se lei e' padre e/o nonno, ma proprio non vorrei essere suo figlio o suo nipote. Caro ministro, i vecchi non hanno futuro.
(1) visto l'altro giorno in tv in un reportage di Sky-tg dall'interno del califfato dell'Isis in Medio Oriente (reportage, ovviamente autorizzato dalle autorita' del califfato).
(2) Non dimentichero' mai quel trenino costruito da mia figlia alcuni fa (oggi ne ha nove), con pezzi di legno, chiodi e sangue del mio dito pestato per darle una mano: vagonate di Barbie, case di Malibu, monopoli col bancomat, consolle della Wii... tutte sempre in secondo piano, dietro il trenino di legno e chiodi e vinavil costruito coi legnetti messi a disposizione durante una kermesse della scuola steineriana per l'arrivo della primavera.
(3) Non si offenda, signor ministro, non le sto dando di fascista, non se lo merita. Sta di fatto che la storia italiana e' questa, e quindi il riferimento non puo' essere ai pionieri sovietici o ai giovani della lega comunista cinese o ai figli dei miliziani dell'Isis, ma ai nostrani bimbi coi pantaloni alla zuava: e' piu' facile capire, per tutti.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
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