LA BUONA ALTERNANZA SCUOLA/LAVORO, UN INCENTIVO ALL'IMPRENDITORIA
- Secondo le ultime stime della Federazione Italiana Pubblici Esercizi nel 2016 le aziende del settore hanno avuto difficoltà a reperire cuochi, camerieri e baristi. I motivi: carenza di candidati (31,5%) e soprattutto inadeguate competenze professionali.
- I processi virtuosi di alternanza scuola/lavoro nella ristorazione sono "motori" per l'avvio di nuove attività imprenditoriali da parte dei più giovani: nel solo 2016 sono state avviate 15.602 imprese con un tasso di natalità del 4,8%.
Roma, 31 maggio 2017 – Il lavoro come valore, è questo il segreto per alimentare il tessuto imprenditoriale italiano.
Un tessuto che nel caso dei pubblici esercizi si rivela particolarmente giovane e alimentato dall'alternanza scuola/lavoro che in questo settore costituisce un valido modello da replicare, come ha raccontato oggi Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi in occasione del convegno "Alternanza Scuola Lavoro: sapere, saper fare, saper essere dentro e fuori la Scuola".
In bar e ristoranti i giovani svolgono un importante ruolo come lavoratori e come imprenditori: il 53,2% dei dipendenti nei pubblici esercizi ha meno di 30 anni. Si tratta di 309mila lavoratori, per il 49,2% di sesso femminile e per il 50,8% maschile.
Il settore si rivela particolarmente attrattivo anche dal punto di vista imprenditoriale, con particolare riferimento ai giovani: nel solo 2016 sono state avviate 15.602 imprese con un tasso di natalità del 4,8%.
Un quadro da cui emerge un ulteriore dato significativo che testimonia l'importanza della formazione professionale appresa sul campo attraverso una sempre migliore alternanza scuola/lavoro: secondo l'Ufficio Studi di Fipe emerge per il settore dei pubblici esercizi la difficoltà nella ricerca di personale qualificato, la quale richiede un maggiore scambio tra mondo del lavoro e scuole.
Nel 2016 le aziende del comparto hanno avuto problemi nel reperire 4.000 tra cuochi, camerieri e baristi, in parte per la carenza di candidati (31,5%), ma soprattutto per inadeguate competenze professionali (68,5%).
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