Alle superiori è allarme rosso: il 35% nella sola Sardegna e Sicilia, con Caltanissetta che presenta un 41,7% di dispersione di iscritti al termine del quinquennio 2009-10/2013-14. Segue Palermo con il 40,1%, quindi Catania con il 38%, poi Prato.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): non è possibile che vi siano Paesi dell'Est europeo dove a lasciare i banchi sono appena il 5% di giovani. Non dimentichiamo che un giovane che lascia la scuola è un potenziale Neet. Basta temporeggiare: si alzi di due anni il percorso scolastico obbligatorio, si introducano organici e risorse maggiorate nelle aree a rischio, si investa sull'orientamento.
Mentre l'Unione Europea chiede di portare entro 6 anni al 10 per cento il tasso di abbandono dei banchi di scuola, gli ultimi dati nazionali ci dicono che l'Italia rimane ferma ad un deludente 17,6 per cento. Nella scuola superiore la dispersione rimane da allarme rosso, visto che negli ultimi 15 anni il 31,9% degli studenti non hanno conseguito il diploma di maturità: si tratta, in larga prevalenza, di allievi che frequentavano gli istituti professionali e tecnici, purtroppo ancora non sufficientemente organizzati per formare, ma nello stesso tempo per fare da "cuscinetto" con le aziende e più in generale con il mondo del lavoro.
"Nelle isole – scrive oggi Orizzonte Scuola, commentando i numeri forniti dalla rivista Tuttoscuola – il dato sulla dispersione fa davvero paura, 35% nella sola Sardegna e Sicilia, con Caltanissetta che presenta un 41,7% di dispersione al termine del quinquennio 2009-10/2013-14. Segue Palermo con il 40,1%, quindi Catania con il 38%, seguita da Prato". Siamo davanti ad un fenomeno che "ha conseguenze sociali non indifferenti, se si lega a quello dei Neet che vede l'Italia ad una percentuale del 23,9% a confronto con il 15,4 della media europea".
"Purtroppo questi numeri non ci sorprendono – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – ma confermano solo il ritardo sensibile, attorno ai 5 punti percentuali, che l'Italia registra sul fronte della dispersione rispetto al valore medio dell'indicatore nell'Ue a 27. È tutto dire che alcuni Paesi dell'Est, come Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia, possano oggi vantare livelli di abbandono scolastico attorno ad appena il 5 per cento. Sono numeri che parlano da soli e che indicano come la politica del ridurre il tempo scuola abbia portato solo risultati negativi, ora anche in termini di mantenimento dei nostri giovani sui banchi di scuola".
L'Anief ritiene che non si possa più temporeggiare: un Paese come l'Italia non può permettersi di perdere per strada 2 milioni e 900mila giovani delle superiori, come è accaduto negli ultimi 15 anni. Anche perché si tratta di ragazzi tra i 16 e i 19 anni quasi sempre destinati ad allargare il numero dei Neet, l'esercito sempre più ampio di giovani che non studia e non lavora. E che nei territori più difficili – particolarmente poveri a livello di tessuto sociale, di strutture e opportunità occupazionali – diventano non di rado potenziali nuove leve al servizio della criminalità organizzata.
"Eppure le opportunità per cambiare il corso di questa situazione stagnante ci sono – incalza Pacifico –: il primo passaggio legislativo dovrebbe senza dubbio portare l'obbligo formativo a 18 anni, come aveva giustamente provato a fare 15 anni fa l'ex Ministro dell'Istruzione Luigi Berlinguer. Occorrono, certamente, anche fondi ulteriori, nazionali e europei, finalizzati a migliorare l'orientamento scolastico dei nostri alunni alle prese con la scelta del corso superiore".
"Come rimane fondamentale l'introduzione di quote di organico di personale maggiorate da destinare proprio nelle aree dove la percentuale di alunni dispersi è più alta. Il contrario, tanto per capirci, di quello che è accaduto quest'anno, con il Miur che ha sottratto docenti alle regioni del Sud, a partire dalla Sicilia, che detiene punte provinciali di abbandono superiori al 40 per cento, continuando ad associare gli organici esclusivamente al numero degli iscritti; e continuando incredibilmente ad ignorare le condizioni del territorio e il grado di difficoltà di apprendimento degli alunni".
Al Ministero dell'Istruzione si lavora adottando parametri diametralmente opposti. Con il giovane sindacato che ha denunciato come i fondi nazionali per la dispersione scolastica destinati alle aree a rischio non solo sono stati tagliati del 30%, ma anche mal distribuiti: alla Sardegna, che con la Sicilia detiene il top di bocciature e abbandoni, è stato assegnato appena il 3% del budget nazionale.
"Per evitare di continuare a perdere alunni dalle nostre classi, servirebbe, infine, una seria riforma dell'apprendistato, con i giovani degli ultimi tre anni delle superiori finalmente introdotti con efficacia nelle realtà aziendali. Prevedendo – conclude il sindacalista Anief-Confedir – sia un monte orario di stage e tirocini più corposo dell'attuale, sia una quota di retribuzione da assegnare allo studente per il periodo passato in azienda".
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