Marcello Pacifico (presidente Anief): se si decide di
cambiare le modalità di accesso al concorso pubblico per diventare docenti, è
chiaro che la novità va applicata dall’entrata in vigore della norma. Quindi, non
prima del prossimo anno accademico. Cambiare le regole in corsa è un’operazione
scorretta e illegittima. È chiaro che, se le cose andranno così, il nostro
sindacato presenterà apposito ricorso, a tutela di tutti i laureati esclusi.
È imminente il bando di concorso attraverso cui il
Ministero dell’Istruzione intende selezionare 90mila nuovi insegnanti della
scuola pubblica italiana: nelle “prossime tre stagioni – scrive oggi La
Repubblica - andranno ad aggiungersi agli 87mila (secondo le ultime
proiezioni) stabilizzati con le prime quattro fasi della Buona scuola”. La
novità, che farebbe riportare l’Italia indietro di 20 anni, è che “si potrà
diventare maestri e prof solo se in possesso di un'abilitazione professionale,
possibile per ora con i vecchi percorsi”.
Secondo Anief, quella di limitare agli abilitati
l’accesso alla selezione pubblica per diventare docenti, sarebbe una decisione
affrettata e ingiusta. Perché se applicata in questo momento, violerebbe il
principio di affidamento, a tutela dei candidati al ruolo di insegnanti, derivante
dalle procedure sino ad oggi adottate dalla pubblica amministrazione. Procedure
che hanno indotto gli stessi aspiranti docenti, a realizzare delle scelte
accademiche per ottenere il conseguimento del loro obiettivo professionale.
La possibilità di far accedere al concorso solo
candidati già abilitati all’insegnamento era stata prevista nel Decreto
Legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il cosiddetto Testo Unico della Scuola,
a partire dall’articolo 399. Però cinque anni dopo, in occasione del
“concorsone” del 1999, questo paletto fu eliminato: una successiva sentenza del
Consiglio di Stato, infatti, stabilì che potevano partecipare anche tutti i
laureati sino all’emanazione del bando di concorso. E tale pronunciamento,
favorevole al libero accesso di coloro che sono in possesso del regolare titolo
accademico richiesto per l’accesso al concorso, è stata di recente ribadita,
sempre dal
Consiglio di Stato attraverso la sentenza 15/2015, in occasione dell’ultimo
concorso a cattedre con D.D.G. per il Personale Scolastico n. 82 del 24 settembre
2012.
“È evidente che organizzare un concorso pubblico –
sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief – selezionando preliminarmente una
vasta platea di candidati è un’operazione che non possiamo accettare. Se si
decide di cambiare le modalità di accesso al concorso pubblico per diventare
insegnanti, per noi è chiaro che la novità va applicata a partire dall’entrata
in vigore della nuova norma. Quindi, va adottata solo dal prossimo anno
accademico. Mentre non può di certo essere applicata per il concorso che verrà svolto
nel 2016”.
“In caso contrario, si commette una palese
ingiustizia nei confronti dei tanti laureati che hanno scelto e tarato le
materie accademiche del proprio corso di laurea, sulla base dei piani di studio
indicati dal Miur per l’accesso alle classi di concorso, proprio per svolgere
questa professione. Cambiare le regole in corsa – continua il presidente Anief
– è un’operazione scorretta e illegittima. È chiaro che, se le cose andranno
così, il nostro sindacato presenterà specifico ricorso, a tutela di tutti quei
laureati esclusi da un bando di concorso mal formulato”.
Allo stesso modo, il giovane sindacato reputa
illogico escludere dal nuovo percorso di accesso al sostegno agli alunni
disabili, tutti i docenti precari specializzati attraverso i corsi tradizionali
e non ancora immessi in ruolo: che senso ha averli formati, attraverso le
università e su un numero programmato dal Miur, se poi non si permette loro di
partecipare alla selezione specifica per accedere nei ruoli dello stato come
docenti di sostegno? Come sorprende l’annuncio fatto dal ministro
dell’Istruzione, Stefania Giannini, di voler avviare un terzo ciclo TFA che
però, alla luce delle ultime indicazioni ministeriali, non condurrà a reali
possibilità di stabilizzazione. “Sono tutti quesiti – conclude Pacifico – a cui
vorremmo che amministrazione e ministro rispondessero con chiarezza”.
Per approfondimenti:
Sì
alla cattedra anche se è lontana ma uno su cinque rifiuta il posto (La Repubblica del 14 agosto 2015)
Emiliano
padrino dei precari: "la buona scuola fa soffrire per voi affitti e treni
scontati" (La Repubblica del 28 agosto 2015)
Scuola,
il dilemma dei professori. Hanno dieci giorni per decidere: andare via da casa
oppure rinunciare all’assunzione. “Aspetterò un altro anno. E farò ricorso”
(Corriere della Sera del 3 settembre 2015)
L’algoritmo-lotteria
che sceglie i prof (Corriere della Sera del 4 settembre 2015)
Fase
C, tra i precari cresce l’agitazione: c’è chi rischia di non essere assunto
(Il Secolo XIX dell’11 settembre 2015)
2 ottobre 2015
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