Il problema esiste e persiste
soprattutto per i licei che, a parte quelli con indirizzi già definiti, non
fanno riferimento a specifiche realtà lavorative professionali, mentre gli
istituti tecnici e professionali, già specializzanti, riescono a creare dei
rapporti più diretti con le imprese. In questi ultimi giorni sono emerse
esperienze di ragazzi che non hanno nulla di formativo. In Sicilia, dei giovani
hanno denunciato di essersi ritrovati a fare i camerieri, i gelatai e le
maschere del cinema. Oppur di servire hamburger ai tavoli e allevare cozze. O ancora,
di fare i commessi per una nota casa di moda, in attesa che questa selezioni lavoratori
all’altezza della situazione. La studentessa di un alberghiero di Bari è finita
a lavare i bagni e a fare volantinaggio, per dodici ore consecutive. Non si
tratta di casi isolati. L’Unione degli Studenti sta elaborando un dossier da
presentare dopo Pasqua all'Usr della Puglia. Per il giovane sindacato è
fondamentale che si realizzi a livello nazionale. Anche la Ministra si è detta
d’accordo.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è fondamentale che si approvi da subito il decreto contenente
il Regolamento sui diritti e doveri degli studenti impegnati in azienda. Senza
quel regolamento-base nazionale, indicante le regole organizzative per svolgere
gli stage presso gli enti accrediti dalla Camera di Commercio, gli studenti
rimangono esposti ai fenomeni di mancata formazione e sfruttamento. Riteniamo
anche importante rimettere mano al Testo Unico sulla sicurezza, il D.L. 81 del
2008, riguardante i piani predisposti dalle scuole organizzatrici e dalle
aziende ospitanti gli allievi. Oltre a incentivare le aziende, operando assieme
al Ministero del Lavoro.
Altro che formazione in azienda: per tanti ragazzi le esperienze di
alternanza scuola-lavoro si stanno traducendo in vero sfruttamento nei loro
confronti. Con le scuole superiori che non possono fare molto, perché in molte
aree del Paese devono essere anche grati alle poche realtà imprenditoriali e
aziendali che accolgono i loro studenti del triennio finale. Il problema esiste
e persiste soprattutto per i licei che, a parte quelli con indirizzi già
definiti, non fanno riferimento a specifiche realtà lavorative professionali.
Mentre gli istituti tecnici e professionali, già specializzanti, riescono a
creare dei rapporti più diretti con le imprese. Oltre ad avere maggiore
esperienza, poiché per quasi un ventennio hanno portato avanti la cosiddetta
Terza Area.
In questi ultimi giorni sono emerse vicende di ragazzi che non hanno nulla
di formativo. In Sicilia, scrive La
Repubblica di Palermo, dei ragazzi hanno denunciato di essersi ritrovati a fare
i camerieri, i gelatai e le maschere del cinema. Oppur di servire hamburger ai
tavoli e allevare cozze. O ancora di fare i commessi per una nota casa di moda,
in attesa che questa selezioni lavoratori all’altezza della situazione. In un istituto
alberghiero di Bari, riporta repubblica.it,
una studentessa non nasconde la sua amarezza: "mi avevano detto che sarei
stata dietro ai fornelli e invece sono finita a lavare i bagni e a fare
volantinaggio, per dodici ore consecutive. È un problema di sistema perché ci
si concentra troppo sulla quantità delle ore da collezionare, invece che sulla
qualità dell'esperienza ". Un altro ragazzo si è trovato a spillare birre
la notte di Capodanno, in una festa organizzata nella Fiera del Levante.
"Non ci hanno fatto capire se sarebbe stato un tirocinio pagato o
un'esperienza di alternanza", ha spiegato.
Non si tratta di casi isolati. L’Unione degli Studenti, infatti, sta
elaborando un vero e proprio dossier
sull'alternanza scuola-lavoro da presentare dopo Pasqua all'Ufficio scolastico
regionale della Puglia: sono “più di cinquanta le scuole attenzionate – scrive
ancora La Repubblica - nelle quali sono stati distribuiti i questionari tra gli
adolescenti per conoscere qualità e limiti dei percorsi in azienda proposti
dagli istituti. Il successo della campagna pugliese ‘Io non faccio opraio’ (slogan che parafrasa il tormentone del
rapper Bello Figo) ha convinto i coetanei di tutta Italia a seguire la stessa
strada”. L’obiettivo degli studenti è arrivare a elaborare una proposta di
legge regionale.
Anief condivide in pieno l’iniziativa degli studenti. Allo stesso tempo,
però, reputa fondamentale che la legge di tutela dei diritti degli studenti e
delle studentesse venga approvata a livello nazionale, che preceda le
convenzioni che ogni azienda stipula con le scuole, in modo che quest’ultime
vengano sottoscritte sulla base di linee guida chiare e definite. Anche il Ministro
dell’Istruzione Valeria Fedeli, parlando qualche giorno fa durante il rapporto
della Fondazione Visentini alla Luiss, si è resa conto che più di qualcosa non
va; da settembre, ha assicurato, sarà “creata
una piattaforma che controllerà l’applicazione dell’alternanza e, qualora
non fosse corretta, interverrà il Ministero”. Viene introdotto, dunque, un
nuovo soggetto che fungerà da controllore-verificatore esterno sulle esperienze
di formazione in azienda o a contatto con esperti del mondo del lavoro. E
qualche giorno dopo ha anche assicurato che a breve arriverà la “carta
dei diritti degli studenti e delle studentesse in alternanza”.
La presa di coscienza del Ministro dell’Istruzione conferma, dunque, le
forti critiche espresse da tempo dall’Anief sull’applicazione del comma
33 della legge n. 107/2015. E ribadite, nei giorni scorsi dal giovane sindacato, in occasione delle
audizioni tenute in Camera
e Senato, oltre che in sede di commento alla presentazione del parere
delle commissioni parlamentari sul decreto legislativo sulla “revisione dei percorsi
dell’istruzione professionale, nel rispetto dell’articolo 117 della
Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione
professionale” (Atto
n. 379).
Quel documento è in questi giorni all’esame del Governo, e dovrebbe
licenziarlo entro questo mese. Tra le novità il numero minimo di ore da
svolgere in azienda e con gli esperti del mondo del lavoro: sono state infatti raddoppiate
negli istituti tecnici e professionali, dove sono diventate 400, e approdate
anche nei licei, dove si svolgono 200 ore di attività nel triennio finale. Per
il resto, siamo ancora in alto mare. A iniziare dal fatto che nuovi stage e formazione in azienda sono
partiti, ormai da oltre un anno e mezzo, senza però avere mai visto la
pubblicazione del decreto sui diritti e doveri previsti dalla Legge 107/15.
La Buona Scuola, del resto, al comma 37 prevede “un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
con cui è definita la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in
alternanza scuola-lavoro, concernente i diritti e i doveri degli studenti della
scuola secondaria di secondo grado impegnati nei percorsi di formazione di cui
all'articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53, come
definiti dal decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, con
particolare riguardo alla possibilità per lo studente di esprimere una
valutazione sull'efficacia e sulla coerenza dei percorsi stessi con il proprio
indirizzo di studio”.
Inoltre, l’Alternanza scuola-lavoro è destinata a diventare uno dei tasselli più
importanti della nuova maturità: la delega sulle “norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze
nel primo ciclo ed esami di Stato”, Atto
n. 384,
prevede che dal 2018 l’andamento degli stage aziendali, oltre che le lezioni
tenute da esperti esterni, su sicurezza e di impresa formativa simulata, sarà
oggetto di valutazione ai fini dell’ammissione dell’Esame di Stato (ponendo
grossi interrogativi per i privatisti, che per ovvi motivi nella gran parte
dei casi non potranno vantare quell’esperienza formativa in ambienti di lavoro
necessariamente attigui al diploma che si sta conseguendo). Ma anche argomento
da affrontare nel corso del colloquio finale degli Esami di Stato del secondo
grado.
Secondo Marcello Pacifico, presidente
nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “è fondamentale che si approvi da
subito il decreto contenente il Regolamento sui diritti e doveri degli
studenti impegnati in azienda. Perché è un documento indispensabile: senza quel
regolamento-base nazionale, indicante le regole organizzative per svolgere gli stage presso gli enti accrediti dalla
Camera di Commercio, gli studenti rimangono esposti ai fenomeni di mancata
formazione e sfruttamento. Riteniamo anche importante rimettere mano al Testo Unico sulla sicurezza, il D.L. 81 del
2008, riguardante i piani predisposti dalle scuole organizzatrici e dalle
aziende ospitanti gli allievi. Oltre che incentivare le aziende, operando
assieme al Ministero del Lavoro”.
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