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martedì 19 gennaio 2016

SCUOLA – Concorso a cattedra, atteso da 50 giorni è ancora in alto mare. Ora spuntano le nuove classi concorsuali raggruppate per grandi ambiti: così pure i prossimi prof faranno da “tappabuchi”


La decisione di non approvare un D.P.R. e di limitarsi alla creazione di 8 ambiti disciplinari porterà tantissimi docenti ad insegnare materie affini, ma non corrispondenti alla propria e senza abilitazione specifica. Il tutto, si è concretizzato ignorando le richieste giunte da sindacati, parti sociali e commissioni parlamentari, che chiedevano una vera revisione delle classi di concorso, da adattare ai nuovi percorsi d’istruzione. È un escamotage, che permette all’amministrazione di collocare con facilità il personale da assumere (o da collocare con la mobilità) ma che penalizza molto la qualità dell’insegnamento e della didattica.

Esemplare il commento di Tuttoscuola: “l’aggregazione sminuisce la specializzazione e può attenuare la competenza del docente. Un rischio che si intende correre per garantire maggiore flessibilità all’elefantiaco sistema”.

Marcello Pacifico (presidente Anief): fa scalpore che dopo tanto dibattere, l’amministrazione abbia ‘partorito’ un testo che svilisce la professionalità dei futuri docenti, obbligandoli a confrontarsi con programmi non attinenti al loro vissuto formativo universitario. Con l’aggravante della presenza, nel bando inviato al Cspi e di cui si attende il parare, di prove orali di “carattere nozionistico”, tanto da creare delle lotte intestine nel partito di maggioranza. A pensarci bene, si tratta di aree disciplinari simili a quelle su cui sono stati chiamati a votare nelle scorse settimane i collegi dei docenti per associarle all’organico potenziato.

Il concorso a cattedra per 63.712 posti nasce sotto una cattiva stella: la lunga attesa per la formazione delle nuove classi di concorso, che ha portato a tutt’oggi alla mancata pubblicazione dei tre bandi di selezione malgrado il comma 114 delle Legge 107/2015 avesse indicato come termine ultimo il 1° dicembre scorso, ha infatti prodotto solo otto enormi “contenitori” di materie d’insegnamento, chiamati dal Miur ambiti disciplinari, all’interno dei quali sono stati aggregate le oltre 150 classi di concorso della scuola secondaria.

Si tratta di un escamotage, che se da una parte permette all’amministrazione di collocare il personale da assumere (o da spostare, attraverso la mobilità annuale) con estrema facilità, dall’altra penalizza, pure di molto, la qualità dell’insegnamento e della didattica. Perché la decisione di non approvare un D.P.R. specifico per le nuove classi di concorso, ma di limitarsi agli ambiti disciplinari porterà tantissimi docenti ad insegnare materie affini, tuttavia non corrispondenti alla propria e pur non in possesso dell’abilitazione specifica. Il tutto, si è concretizzato ignorando le richieste giunte da sindacati e parti sociali, ma anche dalle commissioni parlamentari, che chiedevano una vera revisione delle classi di concorso, in chiave moderna e da adattare ai nuovi percorsi d’istruzione.

La risultanza di questa scelta è che il servizio formativo prodotto, sulla base di questo modello che porta in cattedra docenti inappropriati, non potrà di certo essere di primo livello, come invece il Governo ci vuole far credere. “Ma in questo modo – ha commentato la rivista specializzata Tuttoscuola - l’aggregazione sminuisce la specializzazione e può attenuare la competenza del docente. Un rischio che si intende correre per garantire maggiore flessibilità all’elefantiaco sistema”.

Se a tutto ciò aggiungiamo che, a cinquanta giorni dal tempo massimo concesso per legge, sul testo del bando di concorso siamo ancora in alto mare, allora la situazione è davvero preoccupante: perché, ricordiamo, il regolamento della selezione per nuovi docenti deve ancora essere esaminata sia dal Consiglio di Stato che dal Cspi, appena rinnovato.

“Si sta per varare un concorso a cattedra – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief – sulla base di un modello che si rifà a quello dell’ultimo bando, datato 2012. Anche sul fronte dell’idoneità e degli esami finali. Fa scalpore che dopo tanto dibattere e il confronto con gli esperti, l’amministrazione abbia ‘partorito’ un testo che svilisce la professionalità dei futuri docenti, obbligandoli a confrontarsi con programmi non attinenti al loro vissuto formativo universitario”.

“Con l’aggravante – continua Pacifico - della presenza, nel bando inviato al Cspi, di prove orali di “carattere nozionistico”, tanto da creare delle lotte intestine nel partito di maggioranza. E, a pensarci bene, si tratta di aree disciplinari non troppo diverse da quelle su cui sono stati chiamati a votare nelle scorse settimane i collegi dei docenti di 8.500 istituti a proposito delle priorità da associare ai 5-8 posti dell’organico potenziato. Con l’obiettivo, anche in quel caso, di fornire poi alle scuole non sempre i docenti più utili. La morale è che questa procedura selettiva, al pari delle nuove regole sulla mobilità, non porterà verso alcuna Buona Scuola”.

Anche perchè i “buchi” del concorso che verrà non terminano qui. Perché il Miur si è ostinato a volerlo aprire ai soli abilitati, lasciando fuori i giovani laureati. Contravvenendo alle sentenze definitive di Tar e Consiglio di Stato Consiglio di Stato, emesse su impugnazione dell’Anief, sostenevano esattamente il contrario. Tra i docenti che non potranno partecipare figurano poi i precari storici, con 36 mesi di servizio svolto. Risultano ignorate le loro proteste, di cui si è fatto carico il sindacato, a cui poteva essere riservata la metà dei posti a legislazione vigente: vengono esclusi, infatti, dalla candidatura sugli stessi posti che da anni coprono come supplenze. Molti dei quali hanno già avviato vertenze milionarie per ottenere risarcimenti danno.

Eppure, l’articolo 35, comma 3-bis, lettera a) del decreto legislativo 165/2001, introdotto con la Legge di stabilità 147/2013, riconosce la possibilità di indire un concorso pubblico con riserva, nel limite del 40% dei posti banditi, ai dipendenti a tempo determinato che, alla data di pubblicazione del bando, abbiano maturato almeno tre anni di servizio presso la stessa amministrazione pubblica che emana il bando di concorso. Una norma, tra l’altro, ribadita dalla Funzione pubblica, con la Circolare 5/2013. Anief trova poi scandaloso che sempre dal concorso a cattedra siano stati esclusi gli specializzandi nel sostegno, i quali hanno preso parte da tempo a dei corsi universitari, pagati di tasca loro oltre 3mila euro, ma che per delle lungaggini di cui non hanno colpa ancora non hanno concluso.

Tra le novità che il bando di concorso dovrebbe introdurre, attraverso i “requisiti culturali e professionali in ordine al settore o ai settori disciplinari previsti da ciascuna classe di concorso” previsti dall’allegato A, figura la “conoscenza di una lingua straniera comunitaria al livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue straniere”: ciò verrà verificato, sia attraverso la somministrazione di due degli otto quesiti della prova scritta in lingua straniera, sia nella preparazione, per i candidati di discipline linguistiche, di prove interamente in lingua straniera. Altri contenuti da rilevare sono poi quelli della “conoscenza della legislazione e della normativa scolastica”, oltre che dei precipui ambiti disciplinari.

Sono questi, tutti contenuti che Eurosofia, in collaborazione con Anief, ha già inglobato nel suo corso di preparazione utile al superamento di tutte le prove dell’imminente concorso a cattedra: il corso di formazione è di 120 ore, di cui 100 ore in modalità e-learning, 10 ore di simulazioni e 10 ore in presenza, prevede la preparazione al superamento delle prove per tutte le classi di concorso.


Per approfondimenti:


















L’algoritmo-lotteria che sceglie i prof (Corriere della Sera del 4 settembre 2015)














19 gennaio 2016          

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