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domenica 4 ottobre 2015

SCUOLA – Domani la giornata mondiale degli insegnanti: in Italia rimangono precari, senza carriera e con stipendi più bassi dell'inflazione


Negli ultimi anni, ai docenti italiani sono stati concessi aumenti più bassi del contratti privati. E andrà sempre peggio, perché alle nuove generazioni dei formatori si prospetta di andare in pensione con assegni vicini all’attuale sociale dopo 43 anni di lavoro. La riforma Renzi-Giannini sulla Buona Scuola ignora tutto questo. Perché oggi, a differenza delle promesse, ha lasciato viva la ‘supplentite’. E gli aumenti legati al merito professionale sono ridicoli e riservati al 10% dei docenti: appena 200 milioni di euro, a fronte di 6 miliardi di arretrati che lo Stato dovrebbe dare al personale per adeguare gli stipendi non all’Unione Europea, ma all'inflazione certificata dall'Istat. Sono questi i veri motivi del declino della professione.

Marcello Pacifico (presidente Anief): è ora di cambiare, per non lasciare sempre l'ultima parola ai tribunali. Lo Stato continua a sfruttare i docenti, sempre più scesi nella considerazione sociale. Anief ha già vinto i ricorsi per la stabilizzazione, lo sblocco degli scatti stipendiati e il pagamento delle mensilità estive per il personale precario, il riconoscimento del servizio per intero pre-ruolo nella ricostruzione di carriera e la restituzione del Tfr. E tutto per colpa di leggi inique che il Governo di turno lascia in vita per risparmiare sulla loro pelle.

Domani si celebra la giornata mondiale degli insegnanti, istituita dall'Unesco, nata per attuare una riflessione sul ruolo dei professionisti dalla formazione: quest’anno lo slogan dell’evento, sempre finalizzato ad apprezzare, valutare e migliorare il lavoro degli educatori, sarà Empowering teachers, building sustainable societies. È la stessa Unesco a spiegarne il senso: “gli insegnanti non sono solo un mezzo per attuare obiettivi educativi; essi sono la chiave per la sostenibilità e capacità nazionali nell'attuazione della formazione e creazione di società basate sulla conoscenza, i valori e l'etica. Tuttavia, essi continuano ad affrontare sfide legate alla carenza di personale, scarsa formazione e uno stato sociale basso”, sottolinea l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura.

Purtroppo, il monito dell’Unesco non riguarda solo paesi e scuole del terzo mondo. Anche in Italia quella dell’insegnante risulta tra le professioni più in crisi, tra le più usuranti e con scarsa considerazione sociale. È lunga la lista dei motivi del declino della professione. Perché tanti nostri docenti continuano a rimanere precari, senza prospettive di carriera e pagati con stipendi più bassi dell'inflazione. Addirittura l'indennità di vacanza contrattuale, il meccanismo creato per mantenere le buste paga almeno al livello dell’inflazione, dal 2008 è stata bloccata: e con l’ultima Legge di Stabilità, la Legge 190/14, il blocco è stato reiterato sino al 2018. E ciò malgrado la sentenza n. 178 della Consulta sull’inammissibilità del blocco stipendiale del pubblico impiego abbia chiarito che non si può. Ecco perché Anief ha fatto e continua a presentare ricorsi in tribunale: visto che lo Stato è sordo, è l’unico modo per recuperare, in media, 8.500 euro sottratti ad ogni docente.

La realtà è che ai neo immessi in ruolo vincitori di concorso, si prospetta un decennio di stipendi fermi a meno di 1.300 euro. Lo stesso merito è una chimera per pochi. Perché gli aumenti della Buona Scuola, legati al merito professionale, sono ridicoli: appena 200 milioni di euro, a fronte di 9 miliardi di arretrati che lo Stato dovrebbe ridare al personale per adeguare gli stipendi non all’Unione Europea, ma all'inflazione certificata dall'Istat. Anche per gli altri insegnanti, le cose non vanno meglio: un insegnante oggi percepisce lo stipendio più basso di tutta la nostra pubblica amministrazione. E il contratto in arrivo è un bluff: porterà aumenti attesi da sei anni solo ad uno docente su dieci. Peraltro, a discrezione del dirigente scolastico. Così, oggi per un insegnante della scuola italiana non ci sono prospettive di una vera e propria carriera: per effetto della Legge 150/09, voluta dall’ex ministro Renato Brunetta, gli scatti saranno cancellati nel contratto. Oggi chi entra a lavorare nella scuola, avrà il 35% dell'attuale stipendio. In poche parole lavorerà 43 anni per avere la pensione sociale.

Per non parlare degli stipendi conferiti nell’Unione Europea, in media più alti se non il doppio. Come se non bastasse, in Germania si può andare in pensione dopo 24 anni di servizio. Mentre da noi si sta valutando se far lasciare il servizio alle soglie dei 65 anni, ma in cambio del 10% dell’assegno di quiescenza. Così, alla lunga, considerando l’aspettativa di vita media, lo Stato ci guadagnerà pure.

La riforma, tanto acclamata dal Governo Renzi, doveva migliorare le cose. Ma non ha cambiato nulla. Perché in Italia chi è stato formato per insegnare dopo il 2011 rimane confinato nelle graduatorie d’Istituto ed è condannato al precariato, mentre la Buona Scuola si accinge, con la fase C del piano straordinario di assunzioni, ad immettere in ruolo una marea di docenti sull’organico potenziato per coprire materie che non conoscono.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, “mai come oggi è ora di cambiare, per non lasciare sempre l'ultima parola ai tribunali. Anief ha già vinto i ricorsi per la stabilizzazione, lo sblocco degli scatti stipendiati e il pagamento delle mensilità estive per il personale precario, il riconoscimento del servizio per intero pre-ruolo nella ricostruzione di carriera e la restituzione del Tfr. La riforma Renzi-Giannini sulla Buona Scuola ignora tutto questo. Per un anno e mezzo si sono fatte tante promesse, ma di fatti concreti, con ripercussioni positive sugli insegnanti, se ne sono viste poche”.

“Basti pensare – continua il presidente Anief - alla ‘supplentite’, che il premier aveva detto di voler stroncare: prima della riforma c’erano 120mila precari e anche dopo il piano straordinario di assunzione, per far funzionare la scuola se ne continuano a chiamare 100mila. E questo per le solite esigenze di risparmio, perché in questo modo lo Stato risparmi sulle mensilità estive e gli scatti stipendiali. Esattamente come nel passato. È arrivato il momento di cambiare. Ma stavolta alle parole devono seguire i fatti. Altrimenti la professione non si risolleva e la crisi non può che lievitare”.


Per approfondimenti:














L’algoritmo-lotteria che sceglie i prof (Corriere della Sera del 4 settembre 2015)




4 ottobre 2015                                                                                              

domenica 26 aprile 2015

ISTRUZIONE – Dopodomani 1 milione di docenti, educatori, dirigenti e Ata hanno un’altra occasione per cambiare la scuola: si rinnova il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione


Si tratta dell’organo di democrazia che dopo la soppressione del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e le sanatorie di atti ministeriali firmati senza il previsto parere, verrà finalmente ricostituito, a vent’anni dalle precedenti elezioni. Evitando, in tal modo, il rischio di ricorsi per procedura illegittima degli atti non sottoposti a parere preventivo. Per il futuro della scuola si tratta di un evento importante: il “parlamentino” dei lavoratori arriverà infatti giusto in tempo per formulare valutazioni e giudizi sul ddl Buona Scuola, il cui esame è partito in questi giorni presso la VII Commissione di Montecitorio.

Anief presenta la sua proposta per cambiare la scuola: valorizzare il servizio per la progressione economica di carriera; tutelare la governance collegiale nella scuola senza derive autoritarie; recuperare il tempo scuola ridotto in ogni ordine e grado; attuare la parità di trattamento giuridica ed economica tra personale precario e di ruolo; stabilizzare tutti i precari che hanno conseguito un’abilitazione; consentire il trasferimento/assegnazione provvisoria per tutelare il diritto al lavoro ed alla famiglia; utilizzare le graduatorie  per le supplenze su posti non vacanti. Il motto prescelto è Fai ascoltare la tua voce”.

Marcello Pacifico (presidente Anief e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione): mai come ora, alle elezioni del 28 aprile, risulta importante eleggere consiglieri preparati, giusti, liberi, seguiti da organizzazioni esperte nella legislazione scolastica e nel diritto scolastico. Come l’Anief ha dimostrato di essere dall’atto della sua fondazione, continuando a vincere nei tribunali e ad essere audita in Parlamento.

Il popolo della scuola ha un’occasione importante per cambiare le regole: a vent’anni delle ultime elezioni, il 28 aprile, in tutti gli 8.500 istituti scolastici italiani si voteranno i nuovo componenti del ‘Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione’, l’organo di democrazia che dopo la soppressione del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e le sanatorie di atti ministeriali firmati senza il previsto parere, verrà finalmente ricostituito. Evitando, in tal modo, il rischio di ricorsi per procedura illegittima degli atti non sottoposti a parere preventivo. Per il futuro della scuola si tratta di un evento importante: il “parlamentino” dei lavoratori arriverà infatti giusto in tempo per formulare valutazioni e giudizi sul ddl Buona Scuola, il cui esame è partito in questi giorni presso la VII Commissione di Montecitorio.

Le votazioni per la scelta dei candidati al ‘Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione’ riguardano circa un milione di lavoratori: si svolgeranno dalle ore 8.00 alle ore 17.00 di martedì prossimo, all’interno delle scuole in cui il personale scolastico presta servizio: i dirigenti e il personale educativo e Ata dei convitti ed educandati eserciteranno il voto nelle sedi delle scuole individuate dagli Usr. Potranno votare tutti i dipendenti in servizio negli istituti statali, compresi i supplenti con nomina annuale o fino al termine delle lezioni. Ogni elettore potrà eleggere uno o più rappresentanti relativi alla propria categoria professionale.

Il 28 aprile, quindi, il personale della scuola, dopo il voto delle nuove Rsu, avrà la possibilità di farsi rappresentare da volti e idee nuove. Il voto per eleggere chi siederà al ‘Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione’, si esprime contrassegnando con una croce il numero romano che individua la lista prescelta nella scheda elettorale. Sarà possibile esprimere anche le preferenze. Il numero è pari a quello dei rappresentanti da eleggere per ciascuna componente, vale a dire: scuola dell'infanzia (1), scuola primaria (4), scuola di primo grado (4), scuola di secondo grado (3), dirigenti scolastici (2), personale ATA (1), scuole di lingua tedesca (1),  scuole di lingua slovena (1),  scuole della Valle d’Aosta (1).

Con il motto Fai ascoltare la tua voce”, anche Anief parteciperà all’importante competizione elettorale, con l’obiettivo di condurre più componenti possibili all’interno del Cspi. Sono diversi i punti che il giovane sindacato si è posto come prioritari nella conduzione della sua campagna elettorale. Ad iniziare dalla valorizzazione del “servizio per la progressione economica di carriera”, con il personale oggi costretto a vivere con lo spettro della cancellazione dell’unica forma di carriera, che è legata al mantenimento pieno degli scatti stipendiali, per non far scivolare le buste paga di docenti e Ata ancora più sotto l’inflazione, e con il non vedersi ancora riconosciuto il periodo pre-ruolo,

Anief reputa poi importante “tutelare la governance collegiale nella scuola senza derive autoritarie”, perché la scuola è luogo di democrazia e non si possono svuotare di contenuto le delibere dei collegi dei docenti e dei consigli di istituto, dov’è da sempre presente il cuore pulsante della scuola. Il giovane sindacato, ritiene poi fondamentale “recuperare il tempo scuola ridotto in ogni ordine e grado”, che a partire dalla Legge 133 del 2008 è stato ridotto di un sesto, con la contingente soppressione di 200mila posti e la sparizione di quasi 4mila istituti autonomi.

Bisogna, inoltre, assolutamente “attuare la parità di trattamento giuridica ed economica tra personale precario e di ruolo”, malgrado le indicazioni in questo senso della Corte di Giustizia europea indichino il contrario: il lavoratore è infatti sempre tale, a prescindere dalla sua collocazione temporale, e quindi le progressione di carriera vanno applicate a partire dal primo giorno di servizio. Farle determinare, come avviene oggi, solo dalla data di immissione in ruolo è una lesione dei diritti di tutti i dipendenti collocati a tempo determinato.

Anief si batterà anche in seno al Cspi per “stabilizzare tutti i precari che hanno conseguito un’abilitazione” e con 36 mesi di servizio svolto: il ddl di riforma, infatti, non risolve affatto il problema del precariato, abbandonando al loro destino i supplenti chiamati dalle graduatorie d’istituto, che sono abilitati come quelli inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. Lo stesso avviene per quelli di Scienze della Formazione Primaria, che hanno conseguito l’abilitazione con lo stesso percorso didattico e le stesse selezioni in entrata e in uscita. Per non parlare degli abilitati attraverso i TFA, i PAS, i percorsi formativi che hanno portato al conseguimento del diploma magistrale e tutti gli altri abilitati, cancellati o mai inseriti. Inoltre rimangono fuori dalle assunzioni tutti gli idonei dell’ultimo concorso. Dai calcoli dell’Anief sono almeno in 70mila a rientrare in una di queste categorie. E che ora hanno possibilità di far sentire la loro voce.

L’insediamento dei delegati Anief nel Cspi servirà anche per “consentire il trasferimento e l’assegnazione provvisoria per tutelare il diritto al lavoro ed alla famiglia”: le regole sulla mobilità vanno cambiate, consentendo lo spostamento alla sede più consona al lavoratore subito l’immissione in ruolo. Attendere tre anni o peggio ancora cinque, come aveva voluto la Lega Nord nell’ultimo Governo Berlusconi, è un’ingiustizia, oltre che un accanimento nei confronti di dipendenti dello Stato che vengono lasciati lontani da famiglie e affetti pur in presenza di posti vacanti. A tal proposito, occorre “utilizzare le graduatorie per le supplenze su posti non vacanti”, permettendo al personale precario di accedere anche a questa tipologia di disponibilità.

L’Anief ribadisce la necessità di “estendere l’obbligo formativo a 18 anni per combattere la dispersione scolastica” e per avvicinarci a quello che ci chiede l’Europa da oltre 10 anni: l’abbandono dei banchi non superiore al 10 per cento, mentre la quota nazionale è ferma da tempo a quota 17,6 per cento, con punte del 25 per cento. Significa che un ragazzo su quattro, soprattutto al Meridione, lascia la scuola prima dei 16 anni. Preoccupano, in particolare Caltanissetta e Palermo, che superano il 40 per cento di abbandoni alle superiori.

Il giovane sindacato reputa fondamentale aumentare gli organici di sostegno del 30% per garantire il rapporto 1 a 2” tra docenti e alunni disabili o con problemi di apprendimento: attualmente sono 80mila i docenti di sostegno immessi in ruolo, ma siccome gli alunni ‘certificati’ che necessitano sostegno sono vicini a quota 240mila, per mantenere il rapporto previsto dalla normativa vigente occorre portare le immissioni in ruolo dalle 10mila previste a 40mila. In caso contrario, a rimetterci, oltre che i precari, saranno ancora una volta gli alunni.

Anief, infine, intende “valorizzare tutte le figure professionali della scuola”: non si possono più votare norme che sottraggono risorse e finanziamenti al personale, con il Fondo d’istituto ridotto ad una mera mancia. Vanno poi assunti immediatamente 10mila amministrativi, tecnici e ausiliari della scuola: nel piano di 100mila immissioni in ruolo degli Ata non c’è traccia, eppure la loro presenza è fondamentale per l’andamento regolare della didattica e del servizio scolastico quotidiano. L’assenza di considerazione per il personale non docente, tra l’altro, rischia di mettere in crisi la funzionalità del servizio, dal momento che dal prossimo anno non potranno più essere nominati supplenti sotto i sette giorni di assenza di assistenti tecnici, amministrativi, collaboratori scolastici di ruolo

Come non può passare la norma, questa inclusa nel ddl La Buona Scuola, che delega ai dirigenti scolastici il potere di chiamata diretta, di trasferimento e di aumenti stipendiali del personale, con la facoltà di assegnare a staff e ‘preferiti’ oltre 23mila euro annuali. Mentre centinaia di migliaia di dipendenti, per vedersi assegnati 5 euro di aumento, per l’applicazione della vacanza contrattuale, oggi congelata, dovranno attendere il 2019. E lo stesso vale per il rinnovo contrattuale, ormai fermo ai valori del 2009.

“Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione è un organo composto da 31 membri che deve essere consultato dal Miur, prima ancora dei sindacati rappresentativi, su tutto quanto possa riguardare la scuola e il suo personale.– spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione –: le sue funzioni sono fondamentali, perché esprime i pareri richiesti dal ministero e può autonomamente formulare un parere su tutte le iniziative legislative che possono riguardare il personale della scuola. Per questo, mai come ora, alle elezioni del 28 aprile, risulta importante eleggere consiglieri preparati, giusti, liberi, seguiti da organizzazioni esperte nella legislazione scolastica e nel diritto scolastico: come l’Anief ha dimostrato di essere dall’atto della sua fondazione, continuando a vincere nei tribunali e ad essere audita in Parlamento. Lo stesso luogo, dove ha presentato, recentemente, ben 91 emendamenti al disegno di legge n. 2994 su “La Buona Scuola, e che da lunedì i parlamentari inizieranno ad esaminare”.

Per approfondimenti:



















26 aprile 2015                                                                                                     

sabato 25 aprile 2015

ISTRUZIONE – Martedì 28 aprile 1 milione di docenti, educatori, dirigenti e Ata hanno un’altra occasione per cambiare la scuola: si rinnova il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione

 
Si tratta dell’organo di democrazia che dopo la soppressione del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e le sanatorie di atti ministeriali firmati senza il previsto parere, verrà finalmente ricostituito, a vent’anni dalle precedenti elezioni. Evitando, in tal modo, il rischio di ricorsi per procedura illegittima degli atti non sottoposti a parere preventivo. Per il futuro della scuola si tratta di un evento importante: il “parlamentino” dei lavoratori arriverà infatti giusto in tempo per formulare valutazioni e giudizi sul ddl Buona Scuola, il cui esame è partito in questi giorni presso la VII Commissione di Montecitorio.

Anief presenta la sua proposta per cambiare la scuola: valorizzare il servizio per la progressione economica di carriera; tutelare la governance collegiale nella scuola senza derive autoritarie; recuperare il tempo scuola ridotto in ogni ordine e grado; attuare la parità di trattamento giuridica ed economica tra personale precario e di ruolo; stabilizzare tutti i precari che hanno conseguito un’abilitazione; consentire il trasferimento/assegnazione provvisoria per tutelare il diritto al lavoro ed alla famiglia; utilizzare le graduatorie  per le supplenze su posti non vacanti. Il motto prescelto è Fai ascoltare la tua voce”.

Marcello Pacifico (presidente Anief e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione): mai come ora, alle elezioni del 28 aprile, risulta importante eleggere consiglieri preparati, giusti, liberi, seguiti da organizzazioni esperte nella legislazione scolastica e nel diritto scolastico. Come l’Anief ha dimostrato di essere dall’atto della sua fondazione, continuando a vincere nei tribunali e ad essere audita in Parlamento.

Il popolo della scuola ha un’occasione importante per cambiare le regole: a vent’anni delle ultime elezioni, il 28 aprile, in tutti gli 8.500 istituti scolastici italiani si voteranno i nuovo componenti del ‘Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione’, l’organo di democrazia che dopo la soppressione del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e le sanatorie di atti ministeriali firmati senza il previsto parere, verrà finalmente ricostituito. Evitando, in tal modo, il rischio di ricorsi per procedura illegittima degli atti non sottoposti a parere preventivo. Per il futuro della scuola si tratta di un evento importante: il “parlamentino” dei lavoratori arriverà infatti giusto in tempo per formulare valutazioni e giudizi sul ddl Buona Scuola, il cui esame è partito in questi giorni presso la VII Commissione di Montecitorio.

Le votazioni per la scelta dei candidati al ‘Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione’ riguardano circa un milione di lavoratori: si svolgeranno dalle ore 8.00 alle ore 17.00 di martedì prossimo, all’interno delle scuole in cui il personale scolastico presta servizio: i dirigenti e il personale educativo e Ata dei convitti ed educandati eserciteranno il voto nelle sedi delle scuole individuate dagli Usr. Potranno votare tutti i dipendenti in servizio negli istituti statali, compresi i supplenti con nomina annuale o fino al termine delle lezioni. Ogni elettore potrà eleggere uno o più rappresentanti relativi alla propria categoria professionale.

Il 28 aprile, quindi, il personale della scuola, dopo il voto delle nuove Rsu, avrà la possibilità di farsi rappresentare da volti e idee nuove. Il voto per eleggere chi siederà al ‘Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione’, si esprime contrassegnando con una croce il numero romano che individua la lista prescelta nella scheda elettorale. Sarà possibile esprimere anche le preferenze. Il numero è pari a quello dei rappresentanti da eleggere per ciascuna componente, vale a dire: scuola dell'infanzia (1), scuola primaria (4), scuola di primo grado (4), scuola di secondo grado (3), dirigenti scolastici (2), personale ATA (1), scuole di lingua tedesca (1),  scuole di lingua slovena (1),  scuole della Valle d’Aosta (1).

Con il motto Fai ascoltare la tua voce”, anche Anief parteciperà all’importante competizione elettorale, con l’obiettivo di condurre più componenti possibili all’interno del Cspi. Sono diversi i punti che il giovane sindacato si è posto come prioritari nella conduzione della sua campagna elettorale. Ad iniziare dalla valorizzazione del “servizio per la progressione economica di carriera”, con il personale oggi costretto a vivere con lo spettro della cancellazione dell’unica forma di carriera, che è legata al mantenimento pieno degli scatti stipendiali, per non far scivolare le buste paga di docenti e Ata ancora più sotto l’inflazione, e con il non vedersi ancora riconosciuto il periodo pre-ruolo,

Anief reputa poi importante “tutelare la governance collegiale nella scuola senza derive autoritarie”, perché la scuola è luogo di democrazia e non si possono svuotare di contenuto le delibere dei collegi dei docenti e dei consigli di istituto, dov’è da sempre presente il cuore pulsante della scuola. Il giovane sindacato, ritiene poi fondamentale “recuperare il tempo scuola ridotto in ogni ordine e grado”, che a partire dalla Legge 133 del 2008 è stato ridotto di un sesto, con la contingente soppressione di 200mila posti e la sparizione di quasi 4mila istituti autonomi.

Bisogna, inoltre, assolutamente “attuare la parità di trattamento giuridica ed economica tra personale precario e di ruolo”, malgrado le indicazioni in questo senso della Corte di Giustizia europea indichino il contrario: il lavoratore è infatti sempre tale, a prescindere dalla sua collocazione temporale, e quindi le progressione di carriera vanno applicate a partire dal primo giorno di servizio. Farle determinare, come avviene oggi, solo dalla data di immissione in ruolo è una lesione dei diritti di tutti i dipendenti collocati a tempo determinato.

Anief si batterà anche in seno al Cspi per “stabilizzare tutti i precari che hanno conseguito un’abilitazione” e con 36 mesi di servizio svolto: il ddl di riforma, infatti, non risolve affatto il problema del precariato, abbandonando al loro destino i supplenti chiamati dalle graduatorie d’istituto, che sono abilitati come quelli inseriti nelle graduatorie ad esaurimento. Lo stesso avviene per quelli di Scienze della Formazione Primaria, che hanno conseguito l’abilitazione con lo stesso percorso didattico e le stesse selezioni in entrata e in uscita. Per non parlare degli abilitati attraverso i TFA, i PAS, i percorsi formativi che hanno portato al conseguimento del diploma magistrale e tutti gli altri abilitati, cancellati o mai inseriti. Inoltre rimangono fuori dalle assunzioni tutti gli idonei dell’ultimo concorso. Dai calcoli dell’Anief sono almeno in 70mila a rientrare in una di queste categorie. E che ora hanno possibilità di far sentire la loro voce.

L’insediamento dei delegati Anief nel Cspi servirà anche per “consentire il trasferimento e l’assegnazione provvisoria per tutelare il diritto al lavoro ed alla famiglia”: le regole sulla mobilità vanno cambiate, consentendo lo spostamento alla sede più consona al lavoratore subito l’immissione in ruolo. Attendere tre anni o peggio ancora cinque, come aveva voluto la Lega Nord nell’ultimo Governo Berlusconi, è un’ingiustizia, oltre che un accanimento nei confronti di dipendenti dello Stato che vengono lasciati lontani da famiglie e affetti pur in presenza di posti vacanti. A tal proposito, occorre “utilizzare le graduatorie per le supplenze su posti non vacanti”, permettendo al personale precario di accedere anche a questa tipologia di disponibilità.

L’Anief ribadisce la necessità di “estendere l’obbligo formativo a 18 anni per combattere la dispersione scolastica” e per avvicinarci a quello che ci chiede l’Europa da oltre 10 anni: l’abbandono dei banchi non superiore al 10 per cento, mentre la quota nazionale è ferma da tempo a quota 17,6 per cento, con punte del 25 per cento. Significa che un ragazzo su quattro, soprattutto al Meridione, lascia la scuola prima dei 16 anni. Preoccupano, in particolare Caltanissetta e Palermo, che superano il 40 per cento di abbandoni alle superiori.

Il giovane sindacato reputa fondamentale aumentare gli organici di sostegno del 30% per garantire il rapporto 1 a 2” tra docenti e alunni disabili o con problemi di apprendimento: attualmente sono 80mila i docenti di sostegno immessi in ruolo, ma siccome gli alunni ‘certificati’ che necessitano sostegno sono vicini a quota 240mila, per mantenere il rapporto previsto dalla normativa vigente occorre portare le immissioni in ruolo dalle 10mila previste a 40mila. In caso contrario, a rimetterci, oltre che i precari, saranno ancora una volta gli alunni.

Anief, infine, intende “valorizzare tutte le figure professionali della scuola”: non si possono più votare norme che sottraggono risorse e finanziamenti al personale, con il Fondo d’istituto ridotto ad una mera mancia. Vanno poi assunti immediatamente 10mila amministrativi, tecnici e ausiliari della scuola: nel piano di 100mila immissioni in ruolo degli Ata non c’è traccia, eppure la loro presenza è fondamentale per l’andamento regolare della didattica e del servizio scolastico quotidiano. L’assenza di considerazione per il personale non docente, tra l’altro, rischia di mettere in crisi la funzionalità del servizio, dal momento che dal prossimo anno non potranno più essere nominati supplenti sotto i sette giorni di assenza di assistenti tecnici, amministrativi, collaboratori scolastici di ruolo

Come non può passare la norma, questa inclusa nel ddl La Buona Scuola, che delega ai dirigenti scolastici il potere di chiamata diretta, di trasferimento e di aumenti stipendiali del personale, con la facoltà di assegnare a staff e ‘preferiti’ oltre 23mila euro annuali. Mentre centinaia di migliaia di dipendenti, per vedersi assegnati 5 euro di aumento, per l’applicazione della vacanza contrattuale, oggi congelata, dovranno attendere il 2019. E lo stesso vale per il rinnovo contrattuale, ormai fermo ai valori del 2009.

“Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione è un organo composto da 31 membri che deve essere consultato dal Miur, prima ancora dei sindacati rappresentativi, su tutto quanto possa riguardare la scuola e il suo personale.– spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione –: le sue funzioni sono fondamentali, perché esprime i pareri richiesti dal ministero e può autonomamente formulare un parere su tutte le iniziative legislative che possono riguardare il personale della scuola. Per questo, mai come ora, alle elezioni del 28 aprile, risulta importante eleggere consiglieri preparati, giusti, liberi, seguiti da organizzazioni esperte nella legislazione scolastica e nel diritto scolastico: come l’Anief ha dimostrato di essere dall’atto della sua fondazione, continuando a vincere nei tribunali e ad essere audita in Parlamento. Lo stesso luogo, dove ha presentato, recentemente, ben 91 emendamenti al disegno di legge n. 2994 su “La Buona Scuola, e che da lunedì i parlamentari inizieranno ad esaminare”.

Per approfondimenti:



















25 aprile 2015              

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