La Buona Scuola non ha rispettato le indicazioni emesse
dai giudici di Lussemburgo: anche dopo le 86mila immissioni in ruolo dovute
alla Legge 107/2015 rimangono ancora supplenti oltre 250mila docenti: si tratta
di circa 180mila abilitati all’insegnamento, che corrispondono a 60mila residui
delle GaE, oltre 50mila diplomati magistrali, circa 20mila abilitati con Tfa,
50mila Pas e migliaia attraverso i corsi di Scienze della formazione primaria. A
cui si aggiungono almeno 30mila tra amministrativi, tecnici e ausiliari, con più
di 36 mesi di servizio richiesti. Senza dimenticare che quella stessa sentenza
della curia europea va chiaramente estesa a tutto il pubblico impiego, dove vi
sono altre decine di migliaia di lavoratori, che operano da più di tre anni per
altri comparti dello Stato con i titoli richiesti e su posti vacanti. A
complicare la situazione ci si è messa anche al Corte Costituzionale, che si
sarebbe dovuta esprimere sul caso lo scorso mese di giugno, ma ha fatto
slittare il suo parere al prossimo 17 maggio. Ad oggi, purtroppo, la
via del tribunale rimane l’unica per avere la certezza del risarcimento
danni e a volte anche della stabilizzazione.
Marcello Pacifico (presidente Anief): attesa del parere
della Consulta, la vertenza si sta comunque consumando nei tribunali del
lavoro, dove sono in essere migliaia di ricorsi pendenti. E dove i giudici, pur
in assenza di riferimenti legislativi nazionali, si esprimono sulla laicità del
risarcimento e talvolta entrano anche nel merito, stabilendone l’entità
tutt’altro che simbolica. Su questi importi il 1° dicembre si esprimerà pure la
Corte di Cassazione in udienza pubblica. Con la riforma è stato fatto un micro
tentativo risolutorio: con il comma 132 della L. 107/15 si è infatti deciso di
istituire un fondo per il risarcimento dei danni, ma 10 milioni serviranno a coprire
appena i primi 500 ricorrenti dell’Anief. Così, in attesa che ciò avvenga, il
nostro sindacato continua a vincere su queste rivalse nei tribunali del lavoro.
Intanto, il personale della scuola in servizio, come se non bastasse la mancata
stabilizzazione, deve fare i conti con gli stipendi che non arrivano.
Esattamente un anno fa,
era il 26
novembre 2014, la Corte di Giustizia di Lussemburgo emetteva la storica
sentenza che sanciva l’inadeguatezza, rispetto al diritto dell’UE, della normativa
italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola:
la scomparsa del precariato, tra i docenti e il personale Ata, è però sempre
lontana dal compiersi, perché la Buona Scuola, la riforma che doveva spazzare
via la ‘supplentite’, ha fallito questo obiettivo. Sarebbe il caso di dire che
non ha risolto nulla. Tanto che oggi, anche dopo le 86mila immissioni in ruolo
derivanti dalla Legge
107/2015, che inizialmente avrebbe dovuto stabilizzarne 150mila, rimangono
ancora supplenti oltre 250mila insegnanti: si tratta di circa 180mila abilitati
all’insegnamento, che corrispondono a 60mila residui delle GaE, oltre 50mila
diplomati magistrali, circa 20mila abilitati con Tfa, 50mila Pas e altre migliaia
attraverso i corsi di Scienze della formazione primaria dopo il 2011.
A cui si aggiungono almeno
30mila tra amministrativi, tecnici e ausiliari, con più di 36 mesi di servizio
richiesti. Senza dimenticare che quella stessa sentenza della curia europea va
chiaramente estesa a
tutto il pubblico impiego, dove vi sono altre decine di migliaia di
lavoratori, che operano da ben oltre tre anni per lo Stato con i titoli
richiesti e su posti vacanti. A complicare la situazione ci si è messa anche al
Corte Costituzionale, che si sarebbe dovuta esprimere sul caso lo scorso mese
di giugno, ma ha fatto slittare il
suo parere al prossimo 17 maggio.
“In attesa del parere della
Consulta – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief – la vertenza si sta
comunque consumando nei tribunali del lavoro, dove sono in essere migliaia di
ricorsi pendenti. E dove i giudici, pur in assenza di riferimenti legislativi
nazionali, si esprimono sulla laicità del risarcimento e talvolta entrano anche
nel merito, stabilendone l’entità tutt’altro che simbolica. In taluni casi
hanno anche accordato anche la stabilizzazione del precario ricorrente. Sugli
importi da assegnare ai precari, il prossimo 1° dicembre si esprimerà pure la
Corte di Cassazione in udienza pubblica”.
Da Governo e Parlamento
sul problema irrisolto, attraverso la Buona Scuola, è stato solo fatto un micro
tentativo risolutorio: con il comma 132 della L. 107/15 si è infatti deciso di
istituire “un fondo per i pagamenti in
esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento
dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata
complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su posti
vacanti e disponibili, con la dotazione di euro 10 milioni per ciascuno degli
anni 2015 e 2016”.
“Ma quel fondo –
sottolinea Pacifico - servirà a coprire appena i primi 500 ricorrenti
dell’Anief. Mentre quello che serviva prioritariamente era stabilire, per
legge, i criteri di risarcimento danni nei confronti dei tanti precari assunti
e licenziati per anni, anche decenni, in violazione di norme e direttive, a
partire dalla 70/1999 CE, che prevedevano invece la loro stabilizzazione. Così,
in attesa che ciò avvenga, il nostro sindacato continua a vincere su queste
rivalse nei tribunali del lavoro. Di tutto ciò parleremo il
prossimo 4 dicembre a Montecitorio”.
Intanto, il personale della
scuola in servizio, come se non bastasse la mancata stabilizzazione, deve fare
i conti con gli stipendi che non arrivano. Una buona parte di coloro che sono
stati assunti a tempo determinato direttamente dai dirigenti scolastici,
continuano a non ricevere la retribuzione del regolare servizio svolto. In
diversi casi anche dal mese di settembre. Determinando gravi problemi per i
precari diretti interessati, che nel frattempo debbono provvedere a sostenere
spesi non indifferenti per recarsi nei luoghi di lavoro, non di rado situati
lontano da casa e quindi anche costretti ad affrontare costi per i trasporti,
l’affitto delle case, le utenze e il vivere quotidiano.
Il tutto avviene mentre
il Miur delega la responsabilità al Ministero dell’Economia, che a sua volta
emette rassicurazioni
attraverso il portale Noi-Pa, poi quasi sempre disattese nei fatti.
Pertanto, siccome sino a prova contraria l’Italia rimane uno Stato democratico,
dove non può ancora essere elusa la Costituzione, in questo caso su tutti gli articoli
35 e 36, l’Anief ha deciso di mettere a disposizione, di tutti i precari in
attesa di stipendio, un apposito modello di diffida e messa in mora. Se allo scadere degli otto giorni di tempo indicati nel modello, entro
cui l’amministrazione dovrà liquidare le somme non percepite, qualora il
personale interessato non avesse ancora percepito lo stipendio, dovrà comunicarlo
al sindacato all’indirizzo e-mail stipendi.supplenti@anief.net, attraverso cui
riceverà le istruzioni operative per adire alle vie legali per il recupero
forzoso delle somme non corrisposte.
Per approfondimenti:
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