WORKSHOP "ARETÈ" A CATANIA, LA PAROLA ALLE ARCHISTAR
SEI PROGETTI PER "ABITARE LE ROVINE": LA PAROLA ALLE ARCHISTAR
CATANIA – Fogli sparsi su tavoli di legno, schizzi a matita, pc in elaborazione, progetti in vista sui muri, squadre geometriche e tanta concentrazione.
Si respira creatività e talento negli spazi di Aretè, il workshop internazionale d'architettura ospitato fino a domenica prossima (21 settembre) alle Ciminiere di Catania. Un'iniziativa – voluta da Ordine e Fondazione degli Architetti etnei (presieduti rispettivamente da Giuseppe Scannella e Paola Pennisi) in collaborazione con Associazione Officina 21, e con la partecipazione della Soprintendenza ai Beni Culturali – che «senza dubbio è una realtà d'eccellenza in Italia» come l'hanno definita all'unanimità i nove "visiting" del laboratorio, cioè le archistar e i professionisti affermati nel panorama mondiale, invitati ad affiancare i partecipanti.
Tutte personalità diverse ma unite dal filo conduttore del tema del workshop "Abitare le rovine", la rinascita dei relitti urbani e rurali.
Tra questi "ospiti d'onore" lo spagnolo Ignacio Mendaro Corsini chiamato a seguire il gruppo che sta lavorando ai ruderi di S. Maria La Vetere a Militello Val di Catania. «Intervenire in un contesto storico – ha detto – è un fatto di sensibilità, il cui ingrediente fondamentale è l'equilibrio. Le rovine hanno molto da dire alle architetture moderne, sono come un incontro tra antica saggezza e impeto di gioventù».
La rigenerazione delle città attraverso il loro passato è un argomento molto attuale nella comunità scientifica, «è il tema del momento, indispensabile per l'Italia e per il resto d'Europa» come hanno affermato Andrea Viganò e Chiara Toscani, direttore tecnico e capoprogetto dello studio milanese di Cino Zucchi.
«Il "Riuso", la rigenerazione urbana sostenibile, è il primo atto di rispetto verso la natura, perché ridona valore non solo alle opere ma all'intero territorio. Ne è un chiaro esempio il sito che stiamo seguendo con il nostro gruppo, la vecchia galleria ferroviaria di Acireale, un'infrastruttura che non può prescindere dal paesaggio in cui è collocata».
Un altro gruppo impegnato nella città acese è quello guidato da Alessandro Traldi, che sta coordinando i giovani nel progetto di riuso del Teatro Bellini.
«La Sicilia conta numerose rovine architettoniche – ha detto – il nostro compito è quello di individuare gli elementi positivi per farne massa critica e attivare un movimento culturale che punti al Mediterraneo come giardino di bellezza, non solo come terra di produzione. I giovani professionisti, con la loro energia, il loro senso etico, la visione internazionale, sono i più appropriati a declinare le nostre radici storiche in chiave contemporanea».
Alla riqualificazione del quartiere catanese di San Berillo sta lavorando invece il gruppo seguito dagli architetti spagnoli di "Aranea", Francisco Leiva e Agata Alcazar: «Per far sì che le rovine si riconcilino con la natura del luogo – hanno affermato – è necessario avviare un progetto che incorpori gli ecosistemi già esistenti. Questo quartiere ha una carica sociale molto forte che non può essere snaturata con l'imposizione di elementi architettonici. Servono dunque interventi di piccola scala che insieme ricuciano il tessuto urbano e culturale della zona».
Una nuova funzione di catalizzatore invece è quella progettata dal gruppo impegnato sull'Eremo del rifugio a Caltagirone.
Il visiting che lo guida è Francesca Balena Arista, collaboratrice del rinomato Studio Andrea Branzi: «Abitare le rovine è un concetto che implica un grande sforzo progettuale, affascinante ma difficile, soprattutto nell'ambito del workshop dove i tempi molto stretti e intensi. Il ritorno tuttavia è davvero eccezionale, soprattutto quando si lavora in un gruppo così appassionato e variegato nelle competenze».
Infine l'ex campo di Polo a Giarre che, a detta del visiting Ferruccio Favaron – alla guida del gruppo interessato insieme a Inga Garnytė Sapranavičienė, docente all'Università di Vilnius (Lituania) – «ha bisogno di una programmazione più adeguata. Si tratta di un relitto urbano che però la città non ha dimenticato. Il nostro progetto intende, non restituire la sua funzione originaria che nel tempo si è rivelata inutile, ma riqualificare l'intero spazio per consentire ai cittadini una fruizione piena».
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