Milano, 20 giugno 2016 – 'Dove ci porterà l'evoluzione tecnologica che stiamo attraversando?'' è la domanda che ricorre più di frequente nei dibattiti fra sociologi, economisti e studiosi. La risposta sembra essere una sola, 'Alla quarta rivoluzione industriale'.
Oggi non ci limitiamo a essere sempre connessi tramite device quali computer, ipad, smartwatch ecc., ma addirittura questi strumenti si parlano fra loro ed è possibile comandarli da remoto.
Le nuove tecnologie da una parte stanno ripensando l'idea di industria e processi, riducendo l'intervento umano soprattutto nei lavori di maggior fatica o prettamente manuali, dall'altra parte, un mondo iperconnesso a costi sempre più ridotti permette di diminuire in tempi rapidi i gap tecnologici tra una nazione e l'altra e tra produttori di grandi dimensioni e i piccoli.
Lavori che oggi occupano buona parte della popolazione domani potrebbero non esistere più. Se ci aggiungiamo che l'età pensionabile cresce continuamente di anno in anno è necessario chiedersi come potranno essere reimpiegati coloro che usciranno dal mercato del lavoro, ma che non possono accedere ancora alla pensione.
"Le stime ci forniscono un quadro abbastanza netto della situazione: il 65% dei bambini che oggi iniziano la scuola elementare al termine dei propri studi riceverà offerte di lavoro per professioni che oggi non esistono ancora. Le previsioni per il 2020 dicono che nei paesi maggiormente industrializzati solo un quarto delle aziende avranno più di 50.000 dipendenti, il 40% avrà dai 5000 ai 50.000 dipendenti, mentre il restante terzo avrà meno di 5000 dipendenti", spiega Simone Colombo, consulente del lavoro ed esperto di direzione del personale in outsourcing.
I settori con maggior numero di dipendenti saranno soprattutto l'Information and communication technology con circa 2 milioni e mezzo di addetti, e il settore della mobilità con una cifra di poco più alta, ai quali seguono i servizi professionali con circa un milione e mezzo di lavoratori.
Diminuiranno drasticamente gli addetti al settore manifatturiero. Le previsioni occupazionali prevedono, tra il 2015 ed il 2020, trend di crescita nei settori legati alla matematica, all'informatica e all'ingegneria. (Dati World Economic Forum)
Tutta questa innovazione, secondo le stime del "World Economic Forum" dovrebbe portare certamente a nuove opportunità e a crescite produttive importanti, ma il mondo del lavoro, particolarmente rigido in Italia, dovrà essere ripensato secondo nuove regole.
In gran parte dei vecchi settori, in particolare quello manifatturiero, ci saranno molti esuberi e personale ancora giovane si troverà senza lavoro.
In questo scenario l'Italia che futuro dovrà aspettarsi? "In Italia le aziende manifatturiere sono ancora molte così come le attività del terziario. Le previsioni prevedono però un importante declino dell'occupazione nei settori produttivi e manifatturieri che oggi occupano 1.574.000 occupati, e l'aumento dell'occupazione in settori quali manutenzione ed istallazioni, Information and Communication technology e Logistica e trasporti con rispettivamente 1.097.000, 873.000 e 2.025.000 addetti – aggiunge Colombo - Le aziende saranno per il 52% strutturate con personale tra i 500 ed i 5.000 dipendenti, per il 27% saranno di piccole dimensioni - fino a 500 dipendenti - e in minima parte saranno le aziende di grandi dimensioni. Il lavoro cambierà e richiederà una maggior flessibilità ed il cambiamento avrà il suo impatto soprattutto negli anni tra il 2015 – 2017 dove si manifesterà per il 58% dell'occupazione".
Saranno fondamentali le politiche e gli investimenti per formare i lavoratori verso nuove competenze e attività lavorative. Quali? "Politiche attive, percorsi di outplacement, aggiornamenti professionali e ammortizzatori in grado di compensare l'inattività. Dal punto di vista culturale sarebbe auspicabile una migliore integrazione dei percorsi di studio con il mondo del lavoro ed un propensione culturale al cambiamento anche dello spostamento. L'idea del posto fisso sarà sempre più mitigata e probabilmente si passerà, in alcune professioni, all'idea di collaboratore (per obiettivi) rispetto che al concetto di dipendente tipo" , conclude Colombo.
È la naturale evoluzione dello smart work: l'organizzazione cambierà totalmente la faccia degli spazi di lavoro, con uffici dotati di un numero ridotto di dipendenti "core" a tempo pieno, ai quali si aggiungeranno colleghi operativi da altri Paesi, consulenti esterni e contractor su specifici progetti.
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