Il sindacato ricorda all’amministrazione che vanno
salvaguardati i precari storici. E pur chi è rimasto nelle GaE anche dopo il
fallimentare piano di assunzioni legato alla riforma: questi docenti non
possono rimanere supplenti a vita. La riserva, tra l’altro, è un’applicazione
del decreto legislativo 165/2001, che riconosce la possibilità di indire un
concorso pubblico con riserva, nel limite del 40% dei posti banditi, ai
dipendenti a tempo determinato che, alla data di pubblicazione del bando,
abbiano maturato almeno tre anni di servizio presso l’amministrazione pubblica
che emana il bando di concorso. Una norma ribadita dalla Funzione pubblica, con
la Circolare 5/2013, che ha disegnato il quadro normativo entro il quale le PA
si devono muovere dal 2014 per l'assunzione di personale, alla luce delle
novità introdotte dal Dl 101/2013.
Marcello Pacifico (presidente Anief): la Legge 107/15
alla fine porterà in ruolo meno di 70mila precari, gli stessi decisi dalla
Gelmini nel 2011, abbandonando al loro destino almeno 70mila precari delle GaE.
Che ora vanno tutelati, stabilizzandoli. E anche permettendo loro di
partecipare al concorso a preside.
È davvero questione di giorni, poi la pubblicazione
del bando di concorso per selezionare tra gli 80mila e i 90mila nuovi docenti
sarà realtà: la nuova selezione, che come prevede il comma 114 della Legge 107/2015
dovrà vedere la luce entro il 1° dicembre 2015, prevede che, dopo 20 anni di
apertura indistinta ai laureati, possano prendervi parte solo gli abilitati
all’insegnamento. Ma, in base a quanto trapela, non dovrebbe considerare il 40
per cento dei posti riservati al personale precario che ha svolto almeno 36
mesi di servizio.
La norma è già in vigore: è stata approvata con l’articolo
35, comma 3-bis, lettera a del decreto
legislativo 165/2001, che riconosce la possibilità di indire un concorso
pubblico con riserva, nel limite del 40% dei posti banditi, ai dipendenti a
tempo determinato che, alla data di pubblicazione del bando, abbiano maturato
almeno tre anni di servizio presso l’amministrazione pubblica che emana il
bando di concorso. Ed è stata ribadita dalla Funzione pubblica, con la Circolare
5/2013, che ha disegnato il quadro normativo entro il quale le PA si devono
muovere dal 2014 per l'assunzione di personale, alla luce delle novità
introdotte dal Dl 101/2013.
Pertanto, è bene che nel prossimo bando di concorso
per docenti si provveda a rispettare tale norma. E ciò esula dalla
stabilizzazione, di cui comunque hanno diritto i precari con oltre tre anni di
servizio anche non continuativo, come stabilito dalla Corte di Giustizia
europea, e per
il quale l’Anief ha presentato apposito ricorso.
Anief coglie l’occasione per ricordare al Miur che limitare
agli abilitati l’accesso alla selezione pubblica per diventare docenti sarebbe
un errore. Perché se è vero che ciò è previsto dal Decreto
Legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il cosiddetto Testo Unico della Scuola,
a partire dall’articolo 399, è altrettanto vero che tale disposizione è stata
superata già nel “concorsone” del 1999: una sentenza del Consiglio di Stato,
infatti, stabilì che potevano partecipare anche tutti i laureati sino
all’emanazione del bando di concorso. E tale pronunciamento, favorevole al libero
accesso di coloro che sono in possesso del regolare titolo accademico richiesto
per l’accesso al concorso, è stata di recente ribadita, sempre dal
Consiglio di Stato attraverso la sentenza 15/2015, in occasione dell’ultimo
concorso a cattedre con D.D.G. per il Personale Scolastico n. 82 del 24 settembre
2012. Che, non a caso, è stato aperto a tutti i laureati.
“Non si può certo penalizzare
chi ha svolto un percorso accademico e si è laureato con il preciso scopo di
diventare insegnante – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief –: perché
facendo accedere al concorso a cattedre solo gli abilitati, si violerebbe il
principio di affidamento, a tutela dei candidati al ruolo di insegnanti,
derivante dalle procedure sino ad oggi adottate dall’amministrazione pubblica”.
“È bene, inoltre, che nel bado di concorso il Miur
preveda una riserva di posti – previa verifica concorsuale dei requisiti - da
destinare a tutti i docenti precari rimasti a stagnare nelle Graduatorie ad
esaurimento, anche dopo il fallimentare piano straordinario di assunzioni della
Legge 107/2015: un piano, lo ricordiamo che alla fine porterà in cattedra lo
stesso contingente
di 70mila nuovi docenti attuato nel 2011 dall’allora ministro Maria Stella
Gelmini. Non è ammissibile – continua Pacifico – che chi è rimasto nelle
GaE, stiamo parlando di almeno 60mila persone, sia destinato a rimanere
supplente a vita. Anche per favorire la loro stabilizzazione non c’è da fare
nulla di straordinario, ma solo attuare la norma ribadita dalla Funzione
Pubblica nel 2013. In caso contrario, la via del ricorso sarà inevitabile”.
Anief, infine, ricorda che ad un altro imminente
concorso, quello per dirigenti, quest’anno potranno concorrere anche tutti i
docenti precari con almeno cinque anni di servizio svolto: su questo passaggio,
di cui il Miur farebbe bene a tenere conto, pesa come un macigno la
sentenza 5011/2014 del Tar del Lazio, che ha ritenuto che per partecipare
al concorso per presidi può essere ritenuto valido anche il periodo di
precariato perché equivalente a quello svolto dai colleghi di ruolo. In
pratica, i giudici hanno appurato che il servizio prestato da precario o
post-ruolo va considerato allo stesso modo: esattamente come avviene con i
titoli accademici di accesso. Come confermato, su più ambiti, dalla Corte di
Giustizia europea lo scorso 26 novembre. Tale interpretazione è stata ribadita
da un’altra sentenza del
Tar Lazio, la n. 9729 del 16 settembre 2014, sempre su ricorso Anief, la
quale ha stabilito che il servizio pre-ruolo deve essere valutato come quello
di ruolo, seguendo quanto statuito dalla Corte di Giustizia europea con la
sentenza emessa nel procedimento C-177/10 pubblicata in data 8 settembre 2011.
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