Ai 40mila aventi diritto che hanno rinunciato
a presentare domanda, si stanno aggiungendo i tanti casi di docenti che
l’algoritmo ministeriale ha spedito a centinaia di chilometri da casa: ma al
sistema automatico predisposto dal Miur bisognava anche dire che un 40-50enne è
legato con doppia corda alla terra d’origine per via delle incombenze
familiari. Che in molti casi pesano più della possibilità di prendere il posto
fisso lontano da casa.
Marcello Pacifico (presidente Anief): se è vero che scende di giorno in
giorno il numero di assunzioni rispetto alle 150mila iniziali, è altrettanto
vero che sale quello dei supplenti che saranno
chiamati ancora una volta fino al 30 giugno come supplenti: se ne prevedono
oltre 100mila, sarà la risposta più chiara a chi si ostina da mesi a dire che
la riforma si sarebbe vinto il precariato. E in loro cresce anche la sete di
giustizia: in 9mila hanno fatto ricorso al Tar per la mancata inclusione nel
piano di assunzioni.
Non è una decisione
facile quella che attende 7mila dei 9mila docenti precari, a cui il Miur ha
inviato, nella
notte tra l’1 e il 2 settembre, la proposta di assunzione della fase B, da
attuare in una regione diversa da quella di appartenenza: nei primi due giorni a
disposizione, solo in 1.353 hanno accettato di sottoscrivere il contratto a
tempo indeterminato. E probabilmente si tratta, in larga parte, proprio di
quella fetta di “fortunati” che sono stati assunti vicino casa. Per tutti gli
altri, invece, dire sì o no non è facile. In ogni caso, è evidente segnale, se
ce ne era ancora bisogno, della scelta sofferta che stanno vivendo questi
insegnanti, costretti ad emigrare per svolgere il proprio lavoro, coscienti del
fatto che tanti tra loro avrebbero potuto ottenere l’assunzione nella provincia
di appartenenza, se solo il Miur avesse si dato retta al sindacato censendo i
tanti posti liberi oggi considerati a torto come cattedre solo fino al 30 giugno.
Al dato più
che significativo di un solo precario su nove che accetta l’immissione in ruolo
a due giorni dalla proposta, va aggiunto quello dei 40mila aventi diritto che
hanno rinunciato a presentare la domanda. E i tanti casi di quelli che hanno
già detto che rinunceranno. Riducendo ulteriormente il numero di assunzioni
svolte attraverso quello che doveva essere il mega piano straordinario delle
riforma “spazza-precariato”. Molti di loro stanno vivendo la beffa delle beffe:
dopo anni di sacrifici, corsi, concorsi, abilitazioni e specializzazioni
conseguite, sono stati costretti a giocare alla “roulette russa” delle fasi B e
C del piano di immissioni in ruolo. Per uscirne sconfitti. Per colpa di
governanti arguti, che non hanno preso in considerazione che quando si entra
nell’orbita degli “anta”, con figli da crescere e anziani da seguire, si è come
legati con una doppia corda alla terra d’origine.
Vale per
tutti il caso di Mariateresa Volpone, una docente precari di 42 anni, che non
lascerà Cosenza per Genova, dove dovrebbe insegnare sostegno alle superiori. Ha
detto al
Corriere della Sera: «Spero di riuscire a ottenere ancora una volta, come
da sedici anni, un incarico annuale nella mia provincia per le mie materie:
italiano e storia». E pensa ai ricorsi che presenterà con tanti colleghi che
sperano di smantellare con carte bollate la «lotteria» delle assunzioni.
Separata da tre anni, una madre a suo carico con disabilità al 100%, aveva
«ricominciato a vivere» grazie a un nuovo amore e a una casa acquistata da poco
(«con mutuo»). «Non voglio cancellare di colpo la mia serenità. Non potrei
nemmeno permettermi di tornare a casa: il volo Lamezia-Genova costa 200 euro:
dove li trovo questi soldi?».
La docente
calabrese è l’emblema di questo assurdo meccanismo, con al centro dei
professionisti dell’insegnamento trattati come ventenni alla prima occasione di
lavoro. Come lei, dopo l’11 settembre, saranno davvero in tanti a non aver
accettato le nuove regole del gioco sulle assunzioni, cambiate in corsa, come
se contratti e normativa sul lavoro non esistessero. E che dovranno
ricominciare daccapo. Un po’ come al Monopoli, che rimanda il giocatore al Via,
visto che con la riforma si è anche deciso di cancellarli pure dalle
graduatorie pre-ruolo dove ora sono presenti. Come si fa a non parlare di
ricatto e di mancato rispetto per il merito, se queste sono le condizioni,
contro cui Anief non a caso ha deciso di ricorrere?
“Chi ha
prodotto queste norme assurde – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief –
vive probabilmente in un altro mondo. Non bisognava essere dei sociologi o dei
profeti per sapere che se un precario attorno ai 40-50 anni di età rifiuta il
posto fisso è perché dopo anni di sacrifici e tante supplenze non può proprio
abbandonare gli affetti e le incombenze quotidiane della famiglia, spesso
composta da tre generazioni, con figli e genitori anziani che hanno bisogno
fisico di loro”.
“A rendere
ancora più inverosimile questa situazione – continua Pacifico – è il fatto che
proprio questi precari andranno ad allargare il numero di quelli che a breve saranno
chiamati ancora una volta al 30 giugno come supplenti: se ne prevedono 100mila
e sarà la risposta più chiara a chi si ostina da mesi a dire che la riforma
avrebbe vinto il precariato. Anche perché, con il passare dei giorni, cresce il
numero di posti persi e di defezioni al piano di assunzioni della riforma: già
si sono persi per strada 10mila posti, perché si sono lasciati ottusamente fuori
delle GaE i candidati abilitati Tfa, Pas, Sfp, magistrali e all’estero. Ma il
bello deve ancora arrivare. Perché, oltre alle rinunce, i posti potrebbero
scendere nella fase C di altre 5mila se le scuole, in assenza di una risposta
del Governo, sceglieranno
di assegnare esoneri e semiesoneri ai vicari”.
“Intanto –
conclude il presidente del giovane sindacato - cresce però anche la sete di
giustizia: è salito a 9mila il numero dei docenti precari che con i legali
dell'Anief chiedono al Tar di farsi assegnare una delle 20mila cattedre
destinate all’immissione in ruolo, ma andate perse nel sempre più triste nuovo meccanismo
di assunzioni creato da chi amministra oggi la scuola sempre più come se fosse
un’azienda”.
Per approfondimenti:
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