Con il progetto BraidSideEarth il ricercatore dell'Università di Trento, Guglielmo Stecca, vince una borsa Marie Curie.
Due anni in Nuova Zelanda e uno in Italia per sviluppare uno strumento di difesa per i corsi d'acqua ad alveo intrecciato
Trento, 11 febbraio 2015 - (e.b.) È in partenza per la Nuova Zelanda Guglielmo Stecca, ricercatore che dopo il dottorato in Ingegneria ambientale all'Università di Trento, è ora impegnato in un progetto sull'impatto delle dighe e sulla gestione e riqualificazione dei fiumi. Il progetto sarà finanziato dalla borsa "Marie Curie - International Outgoing Fellowship" di 260 mila euro che ha vinto di recente.
BraidSideEarth (acronimo di "The Braided Side of the Earth: modellazione dell'impatto di lungo termine dovuto alle dighe sulla morfologia degli alvei intrecciati dei fiumi a letto in ghiaia della Nuova Zelanda, per sostenere la riqualificazione dei fiumi europei gravemente alterati") si svolgerà tra il Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica dell'Università di Trento (DICAM), che è la sede principale del progetto, e il National Institute of Water and Atmospheric Research (NIWA), Christchurch, Nuova Zelanda. Di durata triennale, comincerà nell'aprile 2015.
«Durante i primi due anni - dice il postdoc Guglielmo Stecca - sarò visiting research fellow al NIWA. Quindi ritornerò a Trento per il terzo anno. Lo scopo ultimo, al rientro in Italia, sarà la definizione di nuove strategie di gestione di alcuni fiumi europei interessati dalla presenza di dighe al fine di recuperarne la salute ambientale».
Oggetto di studio sono i sistemi fluviali ad alveo intrecciato (in inglese: braided rivers) ovvero quei fiumi che si caratterizzano per una molteplicità di canali, biforcazioni, confluenze, isole con presenza di vegetazione. In passato i fiumi di questo tipo erano comuni in Europa.
Spiega Stecca: «La Nuova Zelanda (in modo particolare la South Island, che è la parte meno urbanizzata e abitata) fornisce, da un punto di vista europeo, l'opportunità di "tornare indietro nel tempo" e osservare i fiumi in condizioni quasi originarie. Il fatto che le poche alterazioni prodotte in Nuova Zelanda siano molto recenti dà inoltre la possibilità di studiare i mutamenti negli stili fluviali ancora in atto.
La prima attività sarà la costruzione di un database di fiumi ad alveo intrecciato dal letto in ghiaia, allo scopo di studiarne l'evoluzione morfodinamica. Quindi sarà sviluppato un modello numerico eco-idraulico in grado di predire gli effetti morfologici delle alterazioni nell'arco di alcuni decenni.
«Il modello numerico che verrà utilizzato per il progetto - racconta Guglielmo Stecca - è stato sviluppato inizialmente presso il DICAM durante il mio lavoro di tesi di dottorato (2009-2012). Nel progetto collaborerò, in particolare con il professor Guido Zolezzi (Ecoidraulica e Morfodinamica fluviale; responsabile per Università di Trento del progetto) e con il dottor Walter Bertoldi (Geologia e Morfologia fluviale)».
Il riferimento scientifico per questi temi all'Università di Trento è il GIAMT, Gruppo di Idraulica ambientale e Morfodinamica - Trento, creato nel 1999 al DICAM per iniziativa del professor Marco Tubino e composto da un nucleo stabile di docenti (Tubino, Zolezzi, Marco Toffolon e Bertoldi) e da un numero variabile di dottorandi, collaboratori e assegnisti di ricerca.
«Il GIAMT - riferisce Stecca - da quasi dieci anni sviluppa attività di ricerca interdisciplinare sui corsi d'acqua naturali.
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