Il
Governo pronto a far cadere le barriere: il nido non sarà più un servizio
a domanda individuale e si trasformerà in carattere educativo. Con la gestione
che rimarrà dei Comuni e il Miur a fare da supervisore.
Tuttavia, la vera riforma sarebbe stata
quella di anticipare la scuola dei bambini, dando finalmente a tutti loro la
possibilità di fruire dei servizi sociali fondamentali, oggi distribuiti in
modo gravemente diseguale da Nord a Sud perché dipendenti dagli Enti Locali
messi in ginocchio dai tagli.
Marcello Pacifico (Anief): è giunta
l’ora di attuare quella riforma dei cicli che faccia iniziare la scuola con 12
mesi di anticipo, in modo da permettere ai nostri bambini di essere guidati
prima nella sempre più difficile gestione del flusso di informazioni e stimoli.
Con l’obbligo di rimanervi fino alla maggiore età. Non può essere un caso che 12
Paesi europei prevedono un periodo di frequenza obbligatorio della scuola più
lungo del nostro.
Con la Buona Scuola è in arrivo una piccola “rivoluzione” per l’accoglienza
e l’istruzione dei bimbi fino a sei anni: secondo quanto riportato dalla stampa nazionale, il
Governo intende cancellare le attuali “barriere tra nidi e materne”, introducendo
un nuovo modello formativo con l’infanzia scolastica che “non avrà più cesure:
andrà tra zero e sei anni, ininterrottamente”. L’obiettivo dell’esecutivo,
contenuto nei decreti prossimi all’approvazione in CdM, prevede che il nido
“non sia più un servizio a domanda individuale, di carattere sociale. Sarà un
servizio generale, di carattere educativo. Tutto viene incardinato sotto la
responsabilità unica del Ministero dell’Istruzione”. Però la gestione rimarrà
dei Comuni.
Anief ritiene tale prospettiva, frutto di un progetto di legge sull’estensione
dell'educazione prescolare su tutto il territorio nazionale,
lungamente discusso nelle commissioni
Cultura di Camera e Senato, sicuramente un passo in avanti. Tuttavia per fare
un vero salto di qualità, per il bene prospettico dei nostri bambini, diventa
basilare introdurre l’anticipo scolastico a cinque anni. La proposta
dell’Anief, integrata con l’allargamento dell’istruzione dagli attuali 16 anni fino alla
maggiore età, è stata sottoposta anche alla VII Commissione permanente di Palazzo Madama in merito all’esame del ddl n. 1260, relatore sen. Francesca Puglisi (PD), contenente proprio quelle 'Disposizioni in materia di sistema integrato di
educazione e istruzione dalla nascita fino ai sei anni e del diritto delle
bambine e dei bambini alle pari opportunità di apprendimento' che oggi il
Governo ha inserito nel duplice provvedimento in procinto di approvazione.
Dell’opportunità di avviare prima la scuola ne ha parlato il primo
quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, attraverso un recentissimo articolo a firma di Ricardo
Franco Levi: “la scuola può fare molto, moltissimo,
soprattutto per le famiglie più svantaggiate e i bambini meno fortunati. La
scuola è lì per questo. Facciamo allora iniziare un anno prima. Portiamo sotto
la cura e la protezione della scuola con un anno di anticipo tutti i bambini e
con loro, in primo luogo, quelli che a cinque anni, in molte regioni e
soprattutto nel Mezzogiorno, stanno non in un’aula ma nella strada, e
contribuiremo (quasi certamente con poca o nessuna spesa aggiuntiva) a ridurre
una grave fonte di ineguaglianza e di ingiustizia”.
“Ma non è tutto. Anticipiamo di un anno l’ingresso nella scuola primaria e
daremo un sollievo importante a tutte le strutture e a tutti i soggetti,
pubblici e privati, impegnati nella cura e nell’educazione dei bambini da zero
a cinque anni, agevolando, così, l’estensione di questi servizi sociali
fondamentali, distribuiti in modo gravemente diseguale da Nord a Sud, a una
fascia sempre più ampia della popolazione. È compito e impegno della Repubblica
- ha detto il presidente Mattarella citando l’articolo 3 della Costituzione e
certamente memore della sua passata esperienza come ministro della Pubblica
istruzione - «rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza».
Partiamo dalla scuola”.
Anief ritiene questa visione della formazione della prima infanzia molto
realista: anticipare la scuola dei bambini, infatti, significa offrire loro, in
particolare a quelli più svantaggiati, quei servizi sociali che un Paese moderno
deve assolutamente mettere a disposizione. E per fare ciò, per anticipare
l'avvio della scuola primaria, è indispensabile approvare una riforma dei
cicli. Inglobandovi l’estensione dell'obbligo scolastico dagli attuali 16 fino
ai 18 anni di età.
Ora, anticipando a 5 anni l’inizio
della didattica e coprendo con l’obbligo formativo tutti i cicli scolastici, con
gli ultimi anni prima del conseguimento del diploma di maturità passati a
contatto con le aziende, grazie al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro,
si eleverebbe di sicuro la presenza di giovani sui banchi. Senza incidere nella
spesa dello Stato, si ridurrebbero infatti gli abbandoni. Che si concretizzano,
in prevalenza, tra i 15 e i 18 anni: un problema drammatico
soprattutto nel Mezzogiorno, perché più di uno studente su dieci lascia proprio
in quella fascia di età.
“Portando l’obbligo scolastico a 13 anni – spiega Marcello
Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir -, si permetterebbe ai nostri bambini di
poter essere guidati prima nella sempre più difficile gestione del flusso
sempre più esteso di informazioni e stimoli esterni. E successivamente, facendoli
a stare a scuola fino ai 18 anni, come accade in molti Paesi Ue, si riuscirebbe
finalmente a realizzare un’azione di contrasto contro quei sempre più crescenti
numeri sui giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e
non lavorano: un ‘esercito’ che
si allarga di mese in mese, con oltre 2 milioni 250 mila ragazzi, uno su
quattro, sottratti ormai stabilmente a formazione e impiego”.
Anief ricorda che in Europa l’obbligo formativo
fino a 18 anni è già previsto in molti casi: proprio per ridurre i
tassi di abbandono precoce, oltre ad assicurare a tutti gli studenti un titolo
di studio, in tredici Paesi la durata dell’istruzione obbligatoria a tempo
pieno è stata prolungata di uno o due anni, o perfino di tre come nel caso del
Portogallo a seguito a recenti riforme. E anche l’inizio prima dei 6 anni è già
ampiamente sperimentato con successo, visto che in dieci paesi l’istruzione
obbligatoria è stata anticipata di un anno (o addirittura di due, come in
Lettonia). E la partecipazione dei bambini di 3 anni all’istruzione preprimaria
è ormai quasi totale in Belgio, Danimarca, Spagna, Francia e Islanda. Con
paesi, come l’Ungheria, dove il corso di studi totale dura anche 13 anni: ben
tre più del nostro.
Per approfondimenti:
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